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capitolo2 - Saisissez la dejection

CAPITOLO2 - SAISISSEZ LA DEJECTION

Chissà cos'avrebbe detto l'inventore dell'Opel Corsa, se avesse mai immaginato che un gruppo di handicappati avrebbe di lì a poco collaudato la sua gioiosa creatura su quattro ore di curve, ghiaccio, paesini sfigati e zone dimenticate da Dio, con all'interno un guidatore chiamato Nico e tre passeggeri di statura sottosviluppata, che si facevano chiamare Jeanne, Ciro e giovane Marok.
Attorno a loro, dieci sfigometri quadrati di bagagli femminili scaricati dall'altra macchina e, soprattutto, un completo stile matrimonio, appeso con un attaccapanni alla maniglia a cui si reggono gli anziani, di fianco al finestrino posteriore.

"Nico... ma che cazzo te ne fai?"
"Eh... il vestito non lo posso piegare, lo devo tenere fuori dalla valigia..."
"Ho capito... ma che cazzo te ne fai?"
"Be', a Capodanno non vuoi vestirti bene???"
"..."
"Io tutti gli anni a Natale e Capodanno mi vesto così!
"

Intanto, da buon turista partito da lidi migliori e latitudini più favorevoli alla vita, GeggéCiro osservava e commentava con occhio clinico e sgomento tutto lo squallore che ci circondava.

"Oh, ma è tutto così 'o Piemont'?"
"Ma no! Ma scherzi?
- risposi, infervorato dal mio campanile - Questa è la parte migliore, tra poco iniziano colline e montagne. Verso Vercelli invece è peggio. Molto peggio. Ricordati, la Pianura Padana è nebbia d'inverno e inferno d'estate, con afa, pioggia e zanzare e col tasso di inquinamento più alto d'Europa, roba che al confronto l'aria di Londra e Cracovia è pulita. E c'è lavoro. Dappertutto. Ovunque tu scappi, il lavoro ti insegue e ti acchiappa, è una lotta continua. Però, quando sei al Nord, ricordati che devi avere paura solo di una cosa: Udine!"
"Ué! Ecché è?"


Più sentivo parlare Ciro, più mi accorgevo che la sua voce era identica a quella del partenopeo JJJJ Flash; e, più ci pensavo, più mi convincevo della necessità di trovare il modo di approfittare di questa sua caratteristica morfologica per creare scompiglio in qualche mente già devastata.
Squillo di telefonino.

"Marooooooooook!!! Sono la Epiiiiiiii!!! Ti stuproooooooooo!!!"

Era la Caiazzo.

Cos'è il genio? Fantasia, intuizione, decisione e... velocità di esecuzione!

"Sì godo, sborro! Ma ora ti passo... JJ! Tieni il telefono, JJ!"

Ciro, pur non sapendo nulla, capì al volo e fece prontamente un segno d'intesa.

"PRONDO! SO' GEGGÉ!"
"JJ!!! Ma che ci fai con Marooooooook?"
"Ahé, e che vvuò? Lo so' salito a trovare a Torino!"
"JJ!!!! Ti stuproooooooo!!!"


Andarono avanti un'oretta buona a conversare, finché la Caiazzo non finì i soldi o la batteria del telefonino o entrambi e, seppure a malincuore, ci dovette lasciare.
Un breve messaggio al vero JJ, per avvisarlo di stare al gioco, e il Capodanno di Marok e JJ nei tre neuroni della Epifanica Caiazzo si era ormai ufficializzato. Mi sentivo un piccolo mecenate dell'handicap.

TAPPA A VENTIMIGLIA!


Un lauto banchetto Nel frattempo, si erano fatte le quattro e mezza, eravamo arrivati a Ventimiglia e a qualcuno venne in mente che si poteva anche mangiare.
D'altronde, il lungomare era un vero cesso, ma almeno faceva caldo.

"Sai che mi piace Ventimiglia?" esclamò Geggé, compiaciuto.

Avevamo creato un mostro.

Il peggio però doveva ancora venire, perché le giovani donne all'unisono proposero: "Andiamo in una pizzeria in riva al mare!!!"

Fu una saggia decisione, la proverbiale ospitalità ligure ci estorse dieci carte per una pizza Margherita e tre per una bottiglietta di acqua minerale.
In compenso, avremmo potuto mangiare seduti su dei sassi e goderci il samba del nostro apparato digerente fino a notte inoltrata.

E, di fronte a tutto ciò, Diodo commentò, testuali parole: "Che puzza il mare!".

Si continuava a preannunciare un bel Capodanno.

ARRIVO IN FRANCIA


Jeanne aveva già comunicato a tutti che il nostro albergo era a St.Raphael, un buco di paese tra Cannes e St.Tropez.

Una volta arrivati a St.Raphael, il nome del Residence risultò sconosciuto all'intera popolazione, peraltro composta da vecchi lobotomizzati che odiavano i turisti, i giovani e, soprattutto, gli italiani.
Così, obbligammo la nostra piccola guida a tirar fuori dalla borsetta il foglio stracciato su cui aveva accuratamente annotato l'indirizzo, scoprendo finalmente il vero nome del paese: Port Frejus.

Fortunatamente, era solo il paese di fianco.
Sfortunatamente, faceva ancora più schifo di St. Raphael.

HANDICAP AL CASINÒ


Port Frejus era contraddistinto dallo stesso gusto estetico di Milano2, con la differenza che, al posto della nebbia, c'era un vento porco.

"Ehi, la camera ha due cessi!" urlò colmo di gioia il nostro amico "Sabato30" Diodo, parafrasando Mr. Crocodile Dundee.
Non so come abbia poi scoperto che in una porta c'era solo il cesso e nell'altra solo il lavandino. Non lo so e non lo voglio sapere.

La vista della cucina invece provocò l'allarmata fuga delle giovani donne, che, dichiarandosi diversamente abili ad ogni attività manuale, condannarono a perenni lavori culinari forzati Nico e il compare Geggé.

"Dai! - dichiarai - Vi do una mano!".

Asciugai un cucchiaino.
Avevo fatto la mia buona azione quotidiana.

"Ma intanto pensiamo a dove andare..."
"Sì! Andiamo a Nizza, andiamo a Cannes, andiamo a Saint Tropez, che è pieno di pheega!"


E fu così che ci ritrovammo a passeggiare nel lungomare di fronte all'albergo, spazzato da un vento allucinante e completamente deserto.

"Ma che figata! - esclamò Helenalia - C'è La statua con i negriuna statua con DEI NEGRI!!! Non ne ho mai vista una! Marok, facciamoci una foto!!!"

Fu un bel momento, dopodiché ci trascinammo in lungo e in largo per tutto il lungomare e, dopo attenta analisi, le uniche ricchezze locali si rivelarono la statua con i negri, il deserto, il vento e il Casinò.

"Ma no, per me fa lo stesso! - mormorarono tutte le giovani donne, una per una, a turno - Sapete, a me non interessa, ma se proprio volete... ma se VOI ci volete andare..."

Lo scaricabarile ebbe vita breve e presto ci fiondammo nella sala di perdizione scodinzolanti, vestiti da pezzenti e pronti a rimanere in mutande pur di smenare fino all'ultimo franco.

Gli astuti giocatori si distinguono per la loro abilità e circospezione, non agiscono mai d'impulso, guardano per ore i veri professionisti, ne imparano a poco a poco tutti i trucchetti, formulano statistiche sui numeri della roulette e sulle sequenze delle slot machines, snocciolano algoritmi in grado di sfruttare con matematica precisione ogni periodicità nella cadenza degli eventi e allora, e solo allora, fanno la loro puntata.
Fu così che persi immancabilmente tutto.

Saisissez la dejection

Anche agli altri non andò meglio, però la loro agonia fu molto più prolungata; modestamente, la mia fu l'ultima eiaculazione precoce del 2001.

Qualcuno propose di tornare in albergo e giocare a carte, ma l'unico risultato furono salve di vaffankulo. Così facemmo un giro diversamente utile per il paese, ci incamerammo qualche ettolitro di vento che avremmo finito di espirare per il 2025, tornammo tutti contenti in albergo e ci mettemmo davvero a giocare a carte.

"L'unica volta che sono arrivato primo in qualcosa gareggiavo con degli spermatozoi!" pensavo, parafrasando Coluche, mentre sconfiggevo gli altri diversamente figati a Merda e a Porco. Mica cazzi! Finalmente mi sentivo di nuovo A CASA.

Rimanemmo a giocare fin verso le cinque del mattino, finché iniziarono le proposte: "Dai, aspettiamo l'alba!"
"Boh... se volete... ma ci andranno ancora tre ore..."
"Tre ore??? Ma sei handicappato??? L'alba è alle sei!!!"


Preso atto che intorno a me vigeva il fuso di Addis Abeba, decisi di ingannare l'attesa assecondando la mia vena poetica e facendo l'ultima capatina al cesso prima dell'alba; purtroppo, tempo di dare alla luce due bellissimi gemelli e tutti erano già andati a dormire.
A me in compenso il sonno era passato.

"Il giorno che avrò sonno a quest'ora, o starò morendo o avrò lavorato!" pensavo, mentre mi rileggevo sua santità Luttazzi.

Chiusi gli occhi verso le sei.
Il cielo era completamente nero.
La mia vita era ancora marrone.