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Biba Band - Live in Piazza Duomo a Prato - 20/7/2004
Due lunghi anni separavano il mio giovane corpo dalla Biba Band. Sarà forse colpa dell'euro, dell'umidità, dell'obsolescenza delle mezze stagioni, dell'effetto serra e anche, a voler essere pignoli, del fatto che, dal 2002, quei simpaticoni dei Bibaioli non avevano più combinato un grosso, grasso e benemerito cazzo.

Gli ultimi loro concerti erano stati a Viareggio e Massa e, da allora, non ero più sceso in terra d'Etruria! Basta, in questi casi bisogna prendere la situazione in pugno ed applicare il metodo scientifico: chiedi e ti sarà dato.
Per esempio, voglio un concerto della Biba e lo voglio in Toscana?
Ecco la data: BIBA BAND live in Prato, 20 luglio 2004!
Voglio la pheega?
Uhm... va be', a parte qualche dettaglio, il metodo funziona.
L'ORGANIZZAZIONE
Ormai era Luglio, e le tiepidi notti estive impongono serata no-stop! Così, più che case o passaggi in macchina, cercai gente con la quale cazzeggiare.
Mandai chiamate in modalità broadcast a tutti i nordici più cazzeggianti e handicappati e tutti fecero pacco all'unanimità, Favone Grassone e Grumo compresi. Contro ogni aspettativa, seppi invece che le Fave Romane sarebbero pervenute al gran completo e la cosa mi rese felice: mi facevano sentire quasi normale.
La sorpresa più ghiotta, però, fu la presenza del mitico Il PellePelle e della sua compagnia diversamente equilibrata: oltre a mettere a disposizione casa, il Pelle mi assicurò che, fino all'alba, avremmo trovato di molto meglio da fare che stare a casa a dormire!

Tra lui e le Fave Romane, la filosofia era quella giusta!

Corsi in stazione a fare il biglietto del treno, si poteva partire.
ROTTA VERSO PRATO
Memore delle passate avventure ferroviarie, decisi saggiamente di stare alla larga dalla stazione di Bologna, droga in culo a Maometto compresa, e scelsi la linea Tirrenica.
Il viaggio in effetti sembrò molto breve, soprattutto perché passai l'intera durata del tragitto a leggere gli sms di bestemmie che mi spediva il Favone Grassone.

Questa la sua perla migliore: "Quando apriremo il concerto di Elio a Pray Biellese e vedrò in prima fila la faccia di Ivan Piombino che sorride sotto al mio culo, mi verrà istintivo cagargli in testa. Ma non lo farò, perché dopo non saprei più dove finisce la mia merda e inizia Ivan Piombino e non vorrei insultare la mia merda per sbaglio!"

Lascio a voi il piacere di contare i caratteri e pensare a quanto spendeva con gli sms multipli di bestemmie: noi sì che ci sappiamo divertire.
Se mai i Southaphoss fossero davvero riusciti ad aprire il concerto di Elio e le Storie Tese a Pray, previsto per la metà di settembre, l'obeso tricoleso aveva già in mente la colletta "UNO SPUTO PER PIOMBINO", realizzata mediante un secchio atto a raccogliere gli umori liquidi del pubblico durante tutto il concerto e poi versato su Piombino nei saluti finali.
Si volevano bene, sarebbe stata una bella serata.

L'appuntamento era nella ridente Empoli, città del Pelle: eravamo entrambi in perfetto orario, avevamo la giornata a disposizione... e c'era un'afa pazzesca.
Sarebbe stato il primo e ultimo giorno in cui avrei avuto caldo in tutta la diversamente estate del 2004.

Per fortuna, casa Pelle si rivelò ottimamente provvista di condizionatore e persino di zanzariere.

"Ma un ti preoccupare! - mi rassicurò il Pelle - Pe' l'ora che si torna, di zanzare un c'è più l'ombra!"

Il tono profetico del Pelle lasciava presagire il peggio!
Sarebbe stata una bella serata.
QUELLI CHE ASPETTANO
Arrivammo in quel di Prato verso le quattro e mezza, ci mettemmo un'ora a trovare parcheggio e mezz'ora a trovare la piazza del concerto: come da tradizione, eravamo in anticipo.
Fave presenti all'appello zero, Bibaioli due (cioè Marco FaddaMarco Fadda e Christian Meyer) e palco uno, posizionato alla cazzo esattamente come tre anni prima, quando non si vedeva una minchia.
È bello sapere che le buone tradizioni non vanno mai perdute.

Gli altri Bibaioli arrivarono alla spicciolata, tutti di ottimo umore ed in vena di cazzeggio, così decisi di rattristarli ricordando loro l'esistenza di Grumo e del Favone Grassone e porgendo loro relative cartoline da riempire di insulti in completa libertà. La simpatica iniziativa riuscì a far diventare loquace per brevi ma preziosi istanti persino JantomanJantoman, finché il soundcheck ed il mondo della programmazione musicale elettronica non lo risucchiarono un'altra volta verso l'ignoto... peccato.

Arrivarono anche alcuni amici del Pelle e mi bastò una fugace occhiata per coglierne l'handicap più puro.
Uno di loro, detto il Vigno, era assai interessante dal punto di vista psichiatrico: suona nei locali fighetti, dà delle maiale a tutte le tipe tirate che vede dal palco, scende ad urlargli: "VACCHE, MUUU!" a 20 centimetri dalla faccia e i locali fighetti continuano a chiamarlo. Evidentemente il metodo piace... da tenere presente per il futuro.

Verso le sei e mezza, arrivarono finalmente anche la Fava Etrusca, Szooma e le Fave Romane al gran completo.
L'incontro più gradito fu ovviamente quello con la Uebmasta Cicalona, non solo per la visione del suo corpo spiccatamente fetish, quanto per il ghiotto souvenir, che mi portava direttamente dal "negozio di frocerie" di piazza Navona.

Immenso quanto inatteso fu il piacere di ritrovare colà riuniti i compagni di tante avventure quali l'Pastrano Obliquoobliquo Pastrano (promosso a cameraman ufficiale), la bella Silvia Bolbo (torna con noi!!!) e l'immenso Tracca, reduce dal dorato esilio in terra d'Olanda.
Pensare agli amici no eh?

E va be', ridendo e scherzando si erano fatte le sette della sera, il soundcheck stava finendo e, a quanto diceva il Pelle, se avessimo voluto prendere una pizza al taglio avremmo dovuto muoverci perché eravamo nella "bella città di giorno e gran rompimento di coglioni la sera!" e quindi scattava il coprifuoco.

Modestamente, io ero a digiuno da colazione e però a colazione avevo mangiato quasi un cazzo.
Così, vedendo il Foffo che entrava nella panetteria a lato della piazza e ne usciva con tre pizze ed un gelato in mano, proposi alle Fave Romane di fare altrettanto: di lì a poco si sarebbe radunata folla davanti al palco e, visto che eravamo in prima fila, allontanarsi sarebbe stato un peccato. Sembrava una bella idea, no?

Biba Ol tugheder

Le Fave Romane risposero che mangiare alle sette era da handicappati, generarono entropia in modo da non farci schiodare per i successivi tre quarti d'ora e poi, quando finalmente traslammo i nostri culi, trovammo tutti i locali con le serrande abbassate. I pochi che non erano chiusi perché era tardi erano chiusi perché era martedì.

E va be', continuammo le peregrinazioni random per le Vicolo dei Bocchinerivie del paese, peraltro splendide, finché non trovammo per puro caso l'unica pizzeria che faceva orario "prolungato": chiudeva alle OTTO E MEZZA!
Certe volte mi chiedo come faccia a sopravvivere la sera uno che abita a Prato.

Al ritorno, trovammo già un bel po' di gente sotto il palco, perlopiù giocatori di basket rasta.
Per fortuna, grazie alla perizia Pelle e dei suoi compari etruschi riuscimmo ad accaparrarci la prima fila a suon di pogo, bestemmie e mazzate. Le Fave Romane invece andarono in fondo alla piazza, perché tanto faceva lo stesso. Sono cose che fanno pensare.

La nostra posizione era in effetti invidiabile: non c'erano transenne e le nostre facce erano a pochi millimetri dagli altoparlanti. Se avessero ruttato nei microfoni ci avrebbero fatti biondi. Decidemmo di correre il rischio, anche perché il biondo attira la pheega, specie se canta negli 883.
CONCERTONE
Con riferimento all'eliatica puntualità media, Roby Conti, Paola Folli e Barbara Boffelli il concerto iniziò in perfetto orario: solo un'ora di ritardo.

Sentire le tre coriste al gran completo (Barbara Boffelli, Francesca Touré e Paola Folli), inseminate dalla maschia presenza di Roby Conti era sempre un'esperienza.

In altre circostanze, infatti, l'intero pubblico jazz avrebbe guardato le coriste e nulla più. A ribaltare questa pericolosa tendenza fu senza dubbio il Pastrano, che, PiCosta e Alberto Borsari come a Laigueglia, vagava avanti e indietro per il palco filmando con la telecamera e rimanendo sempre perfettamente obliquo.
Era veramente uno spettacolo.
Chissà se ha un obiettivo apposta per girare il filmato facendolo venire diritto o se è tutta elettronica... mah!

La scaletta era molto simile a quella dei concerti passati. Dato il mio livello diversamente alfabeta di cultura musicale, non riuscii ad identificare con sicurezza tutti i brani, ma sui miei preferiti non mi potevo sbagliare: "CAN IT BE DONE", "CONFIANS", "SADUVA", "BLACK WATER", "THREE VIEWS OF A SECRET", Elio e Francesca Toure\' "NO MERCY FOR ME", "COME ON COME OVER", "CARNIVALITO" e "FANNY MAE".

Se i prodigi strumentali di Paolo Costa, di Alberto Borsari e degli altri ottimi bibaioli avevano acceso gli amici etruschi del Pelle, l'incantevole Francesca Touré aveva addirittura innestato una reazione atomica a carico dell'apparato ormonale nel giovane Vigno, già re dei locali fighetti.
Bei momenti!
Fu un piacere assistere al suo delirio biodegradante con animo sereno; del resto, ero certo che, in caso di rissa, avrebbero per prima cosa menato tutti noi e poi, forse, eventualmente, lui.

La nostra fortuna fu che il Vigno non stava esprimendo il suo turbamento giovane in linguaggio internazionale, ma Daniele Comoglio e Massimo Greco codificava il tutto in Toscano stretto, di modo che gli unici ad intendere e, di conseguenza, a sboccare dalle risate furono gli etruschi delle prime file, più il sottoscritto, a cui il Pelle traduceva in simultanea.

Sul palco, l'unico a capire sembrava Elio, che sapeva cogliere al volo la comunicazione non verbale e, ogni tanto, rivolgeva al diversamente equilibrato sguardi pietosi dalla penombra, da dove sembrava inviarlo, col massimo affetto, in quel di affanculo. Però, come diceva Rocco Siffredi, sempre con la massima ironia.
IL "CORTO" DEL CONCERTO



Download: mp3, 3.5Mega
(tnx Pelle e Vigno)
BACKSTAGE
Dopo il concerto, rimanemmo un po' a cazzeggiare di fronte al palco coi Bibaioli, per l'entusiasmo di tutti quanti, ma specialmente di Elio: non appena rivide la mia faccia da cazzo, per l'ennesima volta nel giro di pochi giorni, requisì l'auto di Christian Meyer e schizzò via per destinazione ignota.
Ancora non sapeva, il tapino, che mi avrebbe rivisto quattro giorni più tardi, anzi ormai tre e mezzo, in quel di Bardonecchia! Peccato.

Tutti pazzi per la Bolbo!

E va be', ingannammo il tempo facendoci foto con la Bolbo, mentre il Pastrano socializzava con la Cicalona ed il Vigno delirava in etrusco stretto cose che voi umani non avreste mai potuto immaginare.

Anche stavolta, però, giunse puntuale il momento in cui tutti i VIP ci abbandonarono al nostro destino, Fave Romane comprese.
Così, col Pelle e due altri etruschi, detti il Ciappy e il Bòzzi (con la o chiusa), decidemmo di seguire i consigli della regia, ovvero ce ne andammo allegramente affanculo.
LA BUCA DI VINCI
Il Pelle mi raccontò di un suo amico, barman di professione, gestore di un locale specializzato in cocktail acrobatici e detentore di alcolici stupefacenti quali assenzio, rhum dalla gradazione pari ai 70 gradi ed altre sostanze delle quali nulla si sapeva tranne il fatto che erano in grado di distruggere ogni traccia di neuroni. Mi disse che, una volta entrati da lui, era impossibile uscirne vivi, così insistetti per andarlo a trovare.

Imboccammo una strada che si perdeva nelle splendide colline del Chianti e passammo a reclutare adepti in un casolare malmesso in culo al mondo, anche conosciuto come La buca di Vinci.
Solo in seguito, il Pelle mi spiegò che quella baracca cadente era in realtà la sede della protezione civile V.A.B. Vinci, ovvero vigilanza antincendio boschivi.
Siccome ci faceva volontariato anche il Pelle, ero pronto a trovarci un ambiente, diciamo, "poco formale", invece mi ritrovai di fronte una gioventù normale, che guardava la televisione come una spensierata famigliola felice.
Sullo schermo, spezzoni di film famosi che tutti vedono ogni tanto.
Unico particolare: erano interamente doppiati in LIVORNESE!
Perle d'arte pura.

Saranno anche state quattro mura che si sorreggevano l'un l'altra, facendosi coraggio vicendevolmente, più una quinta che le mandava affankulo, ma bisognava dare atto di una cosa: l'organizzazione era impeccabile! Sala radio, vasto parco mezzi, due televisioni collegate a Sky e Playstation2, ma, soprattutto, dispencer con cibarie, bibite ed ogni ben di Dio.

Visto tanto spettacolo, il Ciappy e il Bozzi decisero all'istante di iscriversi alla protezione civile. Mi venne in mente di dare fuoco alla collina per verificare se fossero pronti all'azione, ma poi pensai che l'incendio, dopo averli inceneriti, avrebbe sicuramente raggiunto anche il locale in cui saremmo andati a bere. E gli allucinogeni scaldati fanno cagare.
Lasciai perdere e seguii il Pelle in macchina.
AFTER DAL MAZZANTINI
Prima di andare sul posto, si decise saggiamente di telefonare al nostro amico barman, che si chiamava Mazzantini, per sapere fino a che ora teneva aperto, dato che erano già le due e mezza ed era martedì.

"Ho appena chiuso!" rispose il Mazzantini.
"Ah, s'ha ni' culo quindi... ok... sarà per la prossima.."
"No, VENITE A CASA MIA!!!"


Perché non c'è gente così a Torino?

Appena udita la notizia, il Ciappy ci disse che ci avrebbe salutato, perché "aveva un esame in ballo" e non poteva fare tardi. Il Bozzi, invece, avrebbe voluto essere dei nostri, ma gli dispiaceva far tornare il Ciappy da solo.

"Ma dai! - esclamò il Pelle - Si sta massimo dieci minuti, il tempo per due bicchieri di vino e per fare assaggiare l'assenzio a Marok!"
"Via, giu'.....se è per dieci minuti..."


Una volta in macchina, feci notare al Pelle che non si poteva andare a dormire presto, perché alle cinque c'era da mandare l'sms "Buongiorno!" al Favone Grassone che apriva l'edicola a Biella.
"Presto??? - mi rispose il Pelle, con aria seria e al tempo stesso divertita - A quei due gli fo uno spregio, un si torna a casa prima delle sette del mattino... se va bene!"

Fu la prima perla della serata. Progetti per il futuro: richiedere la cittadinanza etrusca.

La casa del Mazzantini era a Vinci, paese di un certo Leonardo, e in più era il sogno di chiunque al mondo: villetta indipendente, con giardino e una smisurata collezione di bottiglie di vino.
Non facemmo in tempo a sederci che il Mazzantini ci aveva già messo in tavola una bottiglia e cinque bicchieri di vetro piombato, elementi di cui facemmo immediatamente buon uso.
Con grazia e velocità a dir poco sconvolgenti, il Mazzantini riusciva a riempire esattamente allo stesso livello tutti i bicchieri (che piccoli non erano) e, per ogni bottiglia, toccavano due bicchieri pieni a testa.

Si andò avanti così per ore, scandite soltanto The Handicaps da una sveglia svizzera denominata Ciappy, che, ogni trenta minuti esatti, ripeteva disperato: "Dopodomani c'ho l'esame... domattina alle 10 devo andare a studiare...", sollevando una risposta corale: "EEEEEHHHHHH!!!!! Che vuoi che sia... ormai ci siamo..."

Il Mazzantini, al contrario, era instancabile e fungeva da corriere espresso tra il nostro tavolo e il suo deposito segreto, meglio conosciuto come il paradiso dell'alcool e dei salumi. Purtroppo l'accesso era consentito solo al Pelle. Peccato.
M'aspettavo che prima o poi i due sarebbero tornati su con campioni omaggio del liquore allucinogeno tanto decantato ma, a quanto pare, le ultime scorte stavano nel locale. In ogni caso, non c'era decisamente da lamentarsi.

Dopo tre bottiglie di vino (e quella che costava meno si aggirava sui 27 euro "ma tanto me le regalano!"), mi ricordai che in tutto il giorno avevo mangiato solo una fetta di pizza al taglio e il vuoto dello stomaco iniziò a farsi sentire. A quel punto invocai qualcosa da mangiare, perchè altrimenti non avrei più potuto bere altro, pena il coma.
Il Mazzantini non si fece pregare e dicendo: "Ok, ma allora ne vanno subito stappate almeno altre due!!!" rispolverò i sui studi di arte culinaria e ci preparò una pasta aglio, olio e peperoncino che avrebbe riportato in vita anche lo scheletro di un cammello, in modo che potesse ritornare a bere.

Quando vide che, finalmente, eravamo abbastanza sversi per poter dimenticare ciò che capitava intorno a noi, iniziò a raccontarci un po' di storie del paese di Vinci. Ad ogni parola che diceva si aprivano interi universi.
(Curiosità: osservate QUANTO, da questo momento in poi, la qualità delle nostre foto PEGGIORI, in maniera drammatica, spietata, inesorabile, globale e totale. Quindi, traete le vostre deduzioni sulla nostra salute mentale...)
LO SPREGIO NUMERO UNO
Lo scopo della vita degli abitanti del paese si poteva riassumere con una parola: lo spregio.
Oggetto dello spregio poteva essere il rompicoglioni di turno, a scuola, a Naja, in paese, al lavoro, ma alla fine si poteva coinvolgere qualunque essere animato o inanimato che capitasse a tiro, purché dotato di una quantità di handicap adeguata.

Dei mille episodi che ci aveva raccontato, quello che più mi piacque era il più semplice e si basava solo su due elementi che chiunque ha a disposizione: una borsa da donna e della merda. Nel suo caso, di cavallo.

La merda andava posizionata dentro la borsa fino quasi a riempirla, da fuori non si sarebbe dovuto vedere nulla e, possibilmente, anche da dentro.
Una volta preparato il tutto, lo spregiante abbandonava sul bordo di una strada il prezioso contenitore, chiuso ma non troppo, nascondendosi per osservare quello che capitava.

Il Mazzantini Generalmente, le prime persone giunte sul luogo dello spregio avevano perfettamente rispettato il copione che il regista s'era immaginato: avevano pensato "Toh, qualcuno ha perso una borsa!", si erano guardati intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno, poi avevano aperto con circospezione e frugato per cercare roba da fottere.
Una volta toccato qualcosa di molle, istintivamente tiravano fuori la mano... e capivano: si erano completamente insozzati di merda. Quindi un urlo, qualche bestemmia e correvano via, prima che qualcuno rischiasse di vederli.
Ovviamente non avrebbero mai denunciato il fatto né raccontato niente a nessuno, sia per non essere presi per il culo a vita dall'intero paese, sia perché il loro ruolo era stato fottere roba da una borsa abbandonata, sia, soprattutto, per saperne una in più degli altri e ripetere lo spregio a loro volta, convinti che tutti, prima o poi, ci sarebbero cascati.

Tutto era sempre filato liscio, finché, una volta, non capitò che la borsa la trovassero... I CARABINIERI!
Come da copione, i caramba videro la borsa, scesero dalla macchina, si guardarono intorno, l'aprirono, uno dei due ficcò dentro una mano, la ritirò fuori di scatto, l'altro vide merda ovunque e, soprattutto, riconobbe l'autore dello spregio!!!
Iniziò un lungo inseguimento per i campi, culminato con la deportazione forzata nella caserma di Vinci.
Per il giovane in questione, i guai non erano ancora iniziati: alla caserma sarebbe poi venuta a riprenderlo sua madre, incazzata nera non tanto per il fatto che il suo figliolo fosse dai carabinieri (ormai c'era abituata), quanto perché per fare lo spregio AVEVA USATO LA SUA BORSA NUOVA!!!
Anche questo è amore.
LA COLLEZIONE DI SPREGI
Del resto, Vinci è un paesino che offre molte attrattive: oltre alla caserma dei Carabinieri, c'è anche un benzinaio, meglio conosciuto come il Ciampi.
Come ogni metropoli che si rispetti, inoltre, anche a Vinci succedevano fatti di cronaca: due anni prima, il Ciampi aveva subito una rapina a mano armata, con colpi nel casottino della cassa, ed il caso era finito su tutti i giornali locali.
Quello che i media non raccontarono fu che, pochi giorni dopo il fattaccio, qualcuno si acquattò nei paraggi e, in un momento in cui non c'era nessuno, urlò "CIAMPIII!!! TI AMMAZZOOOOOOOOOOO!!!", sparando all'impazzata con una scacciacani.

La moglie del Ciampi entrò di corsa nel casottino, seguita a ruota dal Ciampi che, trovando il posto occupato, tirò fuori la moglie per mettersi in salvo lui!
Diventò una leggenda per tutto il paese.

Anche il rapporto tra i cittadini e le forze dell'ordine a Vinci è un po' "particolare": un giorno Playboy qualcuno ha ficcato un po' di esplosivo dentro i bidoni dell'immondizia, qualche altra volta qualcuno aveva affumicato l'ufficio dei carabinieri col gas di scarico del motorino, si raccontava addirittura che un tizio, per riprendersi il motorino che gli avevano sequestrato, avesse legato il cancello della caserma alla macchina e l'avesse scardinato, urlando: "IL MOTORINO È MIO! RIDATEMELO, SENNÒ ME LO PRENDO DA SOLO!"
Insomma, a Vinci non ci si annoia mai.

Menzione a parte, poi, per i controspregi.
Tempo fa, alcuni studenti della scuola di ottica di Vinci si erano messi a rubare in una proprietà, a spregio, perché era di uno che pensavano sfigato; facendo, tra l'altro, un bel po' di danni.
Pochi giorni più tardi, il padrone si procurò 2 "cipollone", 2 bombole di butano da campeggio e dello scotch, legò il tutto assieme e si diresse verso la macchina degli autori della bravata. Notò con piacere che avevano lasciato il finestrino aperto: non erano cattiva gente, in fondo. Così, "ammicciò" il tutto, lo lanciò all'interno della vettura e scappò.

L'auto era posizionata casualmente davanti alla casa di un suo amico, che quindi poté fare da testimone oculare: un boato assordante, fiamme che superavano il suo terrazzo al secondo piano e gente accorsa da ogni dove: invece di fare qualcosa, ammiravano il tutto, rimanendo a bocca aperta.
Chiesi al Mazzantini se ci potesse fare il demo con la macchina del Pelle, per poter filmare e mettere nel sito, ma mi spiegò che quella sera era troppo stanco.
Peccato.
GLI SPREGI A NAJA
Mi rimaneva una curiosità: "Oh, ma voi che fai tutti questi casini nella vita di tutti i giorni - gli chiesi - che minchia combinate, quando dovete partire per Naja?"

La risposta fu all'altezza della situazione.

Durante il servizio di leva, c'è sempre un'esercitazione, con relativa marcia accampamento-trincea.
Scesi dai pullman, dunque, anche quella volta tutti iniziarono a scaricare dai camion le casse contenenti l'attrezzatura necessaria.
Chi portava le casse con i tendaggi, chi quelle con le armi e chi la cassa con le bustine di liquore, anche dette "CORDIALINI".
Immagino di non dover specificare chi si fosse aggiudicato quell'incarico.

Come ampiamente previsto, durante l'intera marcia fu uno strappare di buste continuo, che venne distribuito in massiccie dosi all'intero plotone: arrivarono al campo base TUTTI sversi persi.
Il generale giunse con l'elicottero per impartire ordini: alcuni montarono il campeggio, altri le armi, altri avrebbero dovuto posizionare il mortaio.
Posizionare il mortaio, caricarlo e puntarlo seguendo determinate coordinate è un incarico di grande responsabilità: sbagliare la mira di un millimetro sul mortaio equivale a colpire a 15 metri circa dall'obiettivo prefissato. Tutto chiaro?

Bene, il compito venne affidato ai tre più ubriachi di tutta la compagnia.

Il generale esclamò: "CARICATE, PUNTATE, FUOCO!!!".

Partì il colpo, il mortaio fece la tipica fumata bianca e il proiettile partì.

Pochi istanti più tardi, il generale urlò: "AHHH!!! SIETE PAZZIII!!! MA CHE CAZZO FATEEE???"

Rientrati al campeggio, il generale li prese da parte e li portò a visitare il tendone del deposito delle armi e delle munizioni, a cinque metri dal quale c'era un cratere di due metri, ancora fumante.
Per poco non erano entrati nei libri di storia, ma erano comunque nella leggenda.

Drunks "E te, Marok? - mi chiese il Mazzantini - Che ci hai da raccontare?"
"Mah, niente di che, solito tran tran. A una festa a casa di uno sconosciuto, mi scappava da pisciare e non trovavo il cesso, così ho preso un paio di bottiglie di birra quasi vuote e ci ho pisciato dentro. Poi le ho abbandonate su un tavolino e ho visto gente completamente sversa prenderle e scolarsele tutte d'un sorso, senza accorgersi della differenza!"
"Ah..."
"Un'altra volta, mentre andavamo a casa di un nostro amico, siamo saliti in nove su un ascensore che portava al massimo tre persone. L'ascensore dopo pochi secondi è crollato giù... con noi dentro. Poco male: eravamo al pianterreno, sotto di noi c'era solo mezzo metro. Subito dopo, però, siamo saliti su per le scale urlando: 'ABBIAMO SFASCIATO L'ASCENSORE! ABBIAMO SFASCIATO L'ASCENSORE!!!' ed il padrone di casa COMUNQUE non ha capito che l'ascensore gliel'avevamo sfasciato noi. Anzi... credo non l'abbia ancora capito adesso... ciao Lyde! Questo Capodanno in compenso ho bevuto tutta la notte scolando tutte le bottiglie che giravano in piazza e mischiando con qualunque altra cosa offerta da qualunque sconosciuto capitasse a tiro, così ho iniziato l'anno sboccando dal naso! Sono sicuro che porta fortuna..."
HOMMAGE À FAVONE
Mentre raccontavo tutto ciò, sul tavolo si erano già alternate due bottiglie diverse di vino, praticamente viaggiavamo su un altro pianeta. Fu questo che mi fece ricordare che erano appena passate le cinque, quindi dovevo mandare l'sms al Favone Grassone: "Buongiorno!"

Tempo tre secondi la risposta: "STRONZO! È GIA' UN'ORA CHE SONO IN PIEDI OGGI! VAFFANKULO!!!"
Si imponeva la telefonata, così il Favone poté bestemmiare contro tutti quanti, attaccare il telefono e, presumibilmente, farne buon uso.
Da quel giorno, il Favone Grassone si è riconfermato uno dei miti del Pelle e di tutta la sua compagnia.

"O Pelle! - gli domandai - Tu lo sai che, se vado avanti a bere, faccio come a Capodanno?"
"Ma no, tranquillo, un capita nulla! -
rispose il veggente - Per sentirsi male con la roba del Mazza, devi bere PROPRIO TROPPO!"

Già immaginavo la scena di me che sboccavo a casa Pelle coi genitori che mi vedevano e chiamavano i carabinieri.
IL BUONGIORNO SI VEDE DAL MATTINO
Alle sei meno un quarto del mattino, comunque, annunciai che per quella notte avrei smesso di bere, andai a pisciare e, al ritorno, mi trovai riempito un bicchiere di vino e l'altro di rhum.
Sul tavolo, c'era la bottiglia di rhum sorgente: nonostante ce n'avesse versato già un casino, era ancora mezza piena.
Il Mazza ci guardò con aria serissima e disse: "QUESTA VA FINITA!".
Tutti capimmo che non stava scherzando.

Le reazioni furono diverse.
Il Pelle, sebbene sembrasse il più lucido, acconsentì con entusiasmo.
Il Bozzi si mise le mani nei capelli, perchè ben sapeva che si sarebbe fatto sul serio, attenti all'ora! ma disse: "Se proprio dobbiamo....ok!".
Il Ciappy, a cui l'alcool mette sonnolenza, si svegliò all'improvviso e recitò la frase: "Dopodomani c'ho l'esame... domattina... alle 10... studiare..." e poi ripiombò nel coma. Però prese in mano il bicchiere. Tanto "ormai ci s'era"...
Io pensai che, tanto, prima dovevo ancora bere il mio bicchiere di vino bonus, così mi aggregai con la massima gioia: ero sicuro che non avrei mai visto l'alba.

I fatti mi diedero torto: alle sei del mattino, il nero del cielo iniziò ad accendersi del color porpora d'una canna che si va spegnendo e così, approfittando della luce del giorno, ci svaccammo a bere sul terrazzo.
Inutile dire che il vino me lo scolai tutto in un sorso e, di conseguenza, se avessi bevuto anche l'altro li avrei sboccati entrambi: sarebbe stato uno spreco.
Così, ne mandai giù solo un poco (ottimo, per la cronaca!) e poi, in un attimo che il Mazzantini s'era voltato, versai il resto nel vaso di una pianticella alle mie spalle.
Tutti quelli che erano riusciti ad intravedere la scena scoppiarono a ridere come dei disperati, compreso il Ciappy, che per l'occasione riprese vita.
Il Mazzantini, non appena alzato lo sguardo, visto il bicchiere mezzo vuoto e tutti che ridevano, urlò: "Il MELOGRANO NANO!!!"

"Quale melograno nano?"
chiesi con aria ingenua ed indifferente.
"TE TU M'HAI BRUCIATO IL MELOGRANO NANO!!!" urlò il Mazzantini, mentre tutt'intorno Passato di essere umano gli handicappati piangevano dalle risate, staccavano l'orologio dal muro e ci si facevano una foto per ricordarsi della serata quando avessero ricominciato a capirci qualcosa.

Per fortuna, anche il Mazzantini stesso era ormai troppo sverso per andare in cantina a prendere il fucile o una qualsiasi delle armi di cui fa collezione, così dopo un po' si rassegnò a recitare il requiem per la piantina e ce ne andammo a fare colazione alla panetteria all'angolo della strada, con la promessa che, se il melograno fosse morto, il Mazzantini sarebbe venuto a Torino per un cordiale saluto.

"Ma non ti preoccupare, dai! - lo rassicurai - Io di piante me ne intendo, un po' di rhum non gli può fare che bene!"
"Uhm... ma sì... vuoi ancora qualcos'altro? Magari anche non proprio da bere..."
"NOOOOOOO!!! PIETÀ!"
"Sicuro? Ho ancora un po' di..."
DAL MAZZANTINI ALLA BRACE!
Salutammo in fretta e furia e montammo in macchina, col fare sicuro di chi sa che parte e non sa se arriva.
Il Ciappy ed il Bozzi erano completamente andati di testa ed io pure, il Pelle invece era incredibilmente lucido.
Anzi, mi raccontava di come ogni tanto va dal dottore a chiedergli: "Dottore, perché non riesco ad ubriacarmi?"
Strana persona.

In ogni caso, arrivammo a casa Pelle alle ore 7:40.
Non appena entrati, visto che l'ascensore era occupato, il veggente Pelle esclamò: "Porca puttana, questo è mi' pa' che va a lavoro..."

Le porte dell'elevatore si aprirono, era lui.
Quel ragazzo mi stupisce sempre di più.

"Buongiorno! Fatto tardi eh?"

Sfoggiai la migliore faccia che avessi in quel momento (un termosifone probabilmente sarebbe stato più espressivo), ma per fortuna babbo Pelle era di ampie vedute: aveva vissuto in maniera leggendaria un bel po' di concerti di Elio e di Sting e quindi era molto rock, così uscì fuori come se niente fosse.

Saliti in casa Pelle, incrociammo sua mamma, che mi vide, fece una faccia strana, poi guardò il Pelle e disse: "Certo che te esci con della bella gente!".

Lo presi come un complimento, di quelli che fanno curriculum, e mi svaccai un attimo sul letto.
Solo un attimo, per riprendere fiato. Poi, mi sarei alzato e...
RISVEGLIO A CASA PELLE
Quando il Pelle mi chiamò, riaprii immediatamente gli occhi, solo che era l'una.

"Oh, devi scusarmi tantissimo, lo so che è presto ma bisogna andare dal mi' babbo perché è in pappa col computer..."

Mi guardai intorno e vidi che non avevo sboccato nulla. Avevo ancora il fisico rock, ed il veggente Pelle aveva azzeccato anche la sua ultima profezia.

Il fatto che il babbo del Pelle avesse bisogno di assistenza informatica, tra l'altro, poteva rappresentare una valida occasione di riscatto! Forse.
La signora Pelle, comunque, ci convinse a mettere qualcosa sotto i denti prima di uscire.

Dovevo avere l'alito che puzzava di carogna di capra, così cercai di stare muto il più possibile, col Pelle che mi guardava divertito, come a dire: "Perché non parli?"

"O tu non bevi il vino! -
esclamò mamma Pelle, preoccupata - come mai?"
"Oh, io non bevo mai... "

- gelo -
"... a pranzo!"
- gelo e incrocio di sguardi -

In quel momento non so come abbiamo fatto il Pelle ed io a non esplodere in una risata a 220 decibel, credo sia stato uno dei maggiori sforzi compiuti in tutta la nostra vita.

Prima di combinare qualunque altro casino, partimmo in volata verso la ditta di babbo Pelle, una fabbrica di calze da donna.
Il computer s'era piantato, stava capitando un troiaio infame e bisognava telefonare ad un cliente che parlava solo russo.
Di fronte a tanto sfacelo, babbo Pelle commentò: "Io dovrei fare il musicista rock, non lavorare!!!"

Ebbene sì, era uno di noi.

"Se due brutti fanno un bello, due handicappati ubriachi fanno un tecnico informatico!" commentò il Pelle, vedendo che eravamo riusciti davvero a mettere a posto il computer.
Non mi chiedete come abbiamo fatto, comunque il dottor Marok risolve.

Dopodiché, assicurato a tutti che, nonostante il mio amore per la vodka, non sapevo una parola di russo, salii sul treno del ritorno ancora sbronzo, con il bootleg della Biba nelle cuffie, tante nuove foto da appendere in camera e la consapevolezza che era giunto il momento di mandare tutti quanti fondamentalmente e definitivamente affankulo.


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