Come a Woodstock ma si mangia meglio!
Il migliore dei mondi impossibili!
Soprattutto, uno dei migliori festival in cui il mio culo abbia mai messo piede.
Nascosto tra le colline di Bardineto, un paesino dell'entroterra Ligure di 600 anime e qualche mucca, sopra Borghetto e sotto Garessio, nella speranza vana di sfuggire ai veeeekki che cagavano il cazzo per il rumore, Balla coi cinghiali era ben più di un festival musicale: era il Paradiso del cazzeggio globale!
Le nostre giornate iniziavano all'alba (che solitamente combaciava col mezzogiorno), quando, da una tenda all'altra, ci cantavamo il finale di Plafone ("sono doloooriiii"), perché avevamo la gola talmente distrutta da arrivare comodamente al re basso (che non è Napoleone e neanche Berluskoni).
Subito dopo, ci aggiravamo come larve nell'immenso campeggio, indecisi se affrontare la coda al cesso o pisciare sotto il palco, che, nel frattempo, ci reclamava con tutta la sua carica di solenne impazienza.
Era incredibile come ci fosse musica a qualunque ora del giorno o della notte... persino al mattino.
E fagioli... tantissimi fagioli, grazie ai quali le tende profumavano di vita... tantissima vita.
A Balla coi cinghiali si mangiava da Dio: salumi e formaggi locali, una distesa infinita di birre artigianali ed ogni tipo di sostanza alcolica che fosse considerata immorale in qualche angolo del pianeta era la benvenuta.
La musica non si limitava ai confini del palco, ma era ovunque, nell'aria, nell'erba e nell'odore di vita che le tende regalavano al mondo.
Nemmeno quando sorgeva il sole, la notte finiva: restava aggrappata ai sogni diversamente figati e si confondeva nei racconti dell'ubriaco di turno, che, con delicatezza e poesia, ci raccontava delle sue pisciate dal buco del culo. Tante pisciate. Tanti culi.
E adesso, Balla coi cinghiali non c'è più: i veeekki possono dormire. Il ricordo, però, non tramonterà mai!
Think of me, forget me not, remember me wherever you go! [
riduci]