LE PREMESSE
Una volta passato il secondo esame dell'anno,
Geometria,
avevo deciso che
non avrei più fatto un CAZZO fino a Natale, perché tanto non sarei dovuto partire per Naja.
Era il Paradiso.
Restare incollato al computer, nella beatitudine della propria stanza e, contemporaneamente, pensare a tutti quelli che erano là fuori, al freddo, a spaccarsi il culo, era la più grande soddisfazione della vita.
Anche la colonna sonora, però, non era male: la segreteria telefonica riempiva l'aria di voci che mi proponevano fatica! E
fare pacco a tutti era bellissimo.
Uno dei più insistenti era
Spud,
che mi tempestava di messaggi per le
foto del Back to Ronco:
gliene avevo promessa una copia! E poi non avevo avuto voglia di passare al negozio... cose che capitano.
Un altro era
Beat,
che non era in grado di usare il computer... e pensava che potesse diventare un mio problema: il lato più divertente era che i genitori non lo lasciavano telefonare da casa, perché
"non sai quanto spendi!", quindi Beat era costretto ad usare la cabina, in strada, con la pioggia, la neve, il freddo e il gelo! E io non gli rispondevo. Mai.
E poi c'era
Joco,
che da quasi un anno passava le giornate a scuola a spaccarsi il culo a fare laboratorio per tutti. Adesso, non cercava neanche più di convincerci a fare qualcosa: voleva solo compagnia, gli mancavano i vecchi tempi in cui Nichel ed io ci mettevamo attorno a lui a prenderlo per il culo, era commovente! E comunque gli facevo pacco. Sempre.
Finché, all'improvviso, non accadde un fatto incredibile: la voce in segreteria era... femminile!!!
Quindi, feci il primo errore: risposi.
LA CATASTROFE
"Ciao, Marok - disse la voce femminile -
sono Pina, la ragazza di Marco! Martedì è il suo compleanno, fa vent'anni, gli voglio fare una festa a sorpresa!"
Interdetto, iniziai un veloce scan di tutti i
"Marco" che conoscevo, finché non mi colse un dubbio atroce:
"Vuoi mica dire che... sei... la ragazza di
Andy!?"
"S-sì... - sussurrò
- Andy..."
Incredibile! Era lei,
Pina la SCRONDA!!! Quello SCORFANO che nessuno aveva mai avuto il piacere di vedere di persona, ma che tutti conoscevamo attraverso le descrizioni di Spud:
"Minchia, che schifo, è uguale a Andy!" e i racconti dello stesso Andy:
"Minchia, ci ho una che mi viene dietro, ma è un CESSO... mi fa TROPPO schifo!"
Superato lo shock, osai chiederle quale fosse il luogo prescelto per la festa.
Non l'avessi mai fatto!
Era
"Il vecchio Nostalgico", un locale gestito da
pazzi fanatici FASCISTI, salito alla ribalta della cronaca locale dieci giorni prima, quando
ci avevano celebrato la commemorazione della Marcia su Roma.
Però stava in un bel posto: era al numero 17 di
Via Saluzzo, una delle vie centrali di
San Salvario... il
quartiere Arabo!
La convivenza non creava grossi problemi, anzi... da quelle parti c'era di tutto: ambulanti marocchini, spacciatori nigeriani, puttane albanesi, viados brasiliani, ebrei della sinagoga e valdesi del tempio. E a fine serata tutti quanti, dopo essersi allegramente mandati affankulo tra loro, mettevano da parte ogni incomprensione, si riscoprivano tutti fratelli, magari facevano anche amicizia con qualche autonomo di passaggio, e si scaraventano tutti assieme contro i fascisti del Vecchio Nostalgico, per radere al suolo il locale.
E noi saremmo stati lì dentro, etichettati come FASCISTI!!!
Noi sì che ci sappiamo divertire.
In preda alla disperazione chiamai un po' di gente (anche in questo caso mal comune mezzo gaudio!) e, tra un pacco e l'altro, convinsi a venire i soliti handicappati: Spud il coglione,
Niger il muto,
Attila il fumato e
Jena il rollatore.
È tuttavia da segnalare il secco FANKULO che ricevemmo da
Betty la Cannata
e da
Sally l'Anoressica: avevano comunque già deciso di non uscire mai più con noi... ma la proposta del locale FASCISTA fu la goccia che fece traboccare il vaso! Ce le eravamo davvero giocate per sempre.
IL VIAGGIO
Spud mi telefonò verso le due, dicendo che era senza macchina, perché gli si era fuso il motore.
"Ma tranquo Marok, ti trovo io qualcuno che ci passa a prendere!"
Questo
qualcuno era
Begbie il Porko, un tipo di 16 anni che dall'età di 14 fotteva la macchina al padre e se ne andava a puttane. Spud l'aveva conosciuto a Ronco, e questo spiega molte cose... comunque, una volta arrivati a Torino, Begbie aveva ceduto il volante a Spud, perché non voleva rotture di coglioni in questa città di merda.
All'inizio rimasi colpito dall'apparenza grezza di Begbie... ma poi, più lo sentivo parlare, più scoprivo in lui un animo profondamente poetico.
"Minchia, oh, ma che se tua madre era Claudia Shiffer non te la facevi? Minchia, vaffankulo, zioffà, che se mio padre era Tom Cruise, minchia quanto cazzo me lo inculavo!"
"Minchia, pensa a un neonato con il cordone ombelicale ancora attaccato: gli altri genitori per farlo piangere gli danno uno schiaffo? E io invece me lo inkulo!"
Begbie amava parlare di sé, della sua vita e delle sue abitudini: ci disse che, quand'era completamente sverso, dopo avere sboccato
si spegneva le canne sulla lingua e non sentiva un cazzo.
Da ricordare il commento di Spud:
"Minchia, io lo farei anche, però poi ti rimane il segno..."
Mentre ci mostrava orgoglioso l'ultima cicatrice dell'ultima canna spenta sulla mano, Begbie mi disse che voleva spezzare le gambe a
Beat
e si mise ad insultare ininterrottamente lui e tutta la sua famiglia, amici, parenti e conoscenti, fin quando non arrivammo alla nostra meta.
IL VECCHIO NOSTALGICO
Una volta dentro, provammo la sensazione di trovarci in un incubo; sulle pareti e dovunque nel locale il volto severo del duce ci squadrava grave e pensieroso, quasi volesse riproporci la nostra stessa domanda:
"Che cazzo ci facciamo qua?"
Nel frattempo, i nostri occhi si posarono sulla scritta:
"RANCIO: lire 30.000".
Al pensiero di calare alla causa fascista più di un deca per il compleanno di Andy, ci saremmo tagliati le vene; decidemmo comunque di aspettare il festeggiato per obbligarlo a pagare per tutti.
Poco dopo entrarono nel locale Niger, Attila e Jena il rollatore, diedero una rapida occhiata in giro, Attila diede a Spud della
cachetta e si fiondarono fuori. Li seguii a razzo.
Mimetizzati tra i tossici dall'altro lato del marciapiede, iniziammo a discutere su dove andare, quando notammo che un gruppo di handicappati stava entrando. Non c'erano dubbi, erano gli amici di Andy.
Spinti dalla curiosità ritornammo dentro, ma
Andy non c'era più! In compenso, trovammo quello scorfano della sua pseudo-tipa e ci disse che il coglione, minacciato di morte se non pagava per tutti,
si era barricato nel cesso e non voleva più uscire. Tentammo un'irruzione ma una voce ci trattenne:
"Camerati, non potete stare in otto in un cesso!"
Era un cameriere in camicia nera... porca troia.
Prima di venire fucilati, tornammo nella sala-rancio... quando, all'improvviso, si creò un silenzio di tomba.
Era entrato un altro degli invitati.
Era vestito con una mantellina da spadaccino, alla Zorro, ed aveva delle movenze assurde: sembrava una vecchia zitella, tipo la signora Coriandoli.
E all'improvviso, con voce effeminata, disse:
"Ciao a tutti, io sssono Llllûca!".
Da dietro le sue spalle una vocina sussurrò:
"Pssss: è FROCIO!"
La reazione della folla fu esplosiva! Tutti scoppiammo a ridere, fascisti e handicappati, ed il tanfo di serata-pacco si faceva sempre più intenso. Volevamo già fuggire, poi Andy uscì dal cesso, perché gli avevano detto che era in arrivo il momento topico della festa: i regali.
Luca il frocio da solo ne aveva fatti due:
un SASSO che spacciò per un pezzo del muro di Berlino ed
un pacco di goldoni; tra lo schifo generale, Spud se ne mise uno in bocca ed iniziò a gonfiarlo.
Tuttavia, la festa raggiunse il suo momento topico quando Andy scartò il nostro regalo:
una bottiglia di plastica con etichetta della
fonte Guizza contenente
un litro di vino sfuso appena fuoriuscito dai rubinetti di un famoso e rinomato locale torinese:
"Beppe il Porco".
Ci era costato circa
un gettone a testa.
Intanto stava per scadere l'ora X, il termine ultimo entro il quale potevamo uscire senza calare ai fascisti le trenta carte. Non appena vedemmo ritornare il cameriere-camerata,
scappammo fuori in quattro: oltre al sottoscritto, gli antifascisti furono Niger, Attila e Jena il Rollatore. Da quel momento, Pina lo scorfano ci avrebbe etichettati come
"QUEI QUATTRO".
"Quei quattro dove sono finiti?"
"Quei quattro quando tornano?"
"Quei quattro non sono andati via sul serio, VERO?"
Spud e Begbie il Porko, invece, decisero di rimanere; in seguito, seppi che
avrebbero passato la serata a sboccare nel cesso col vino del Duce ed alla fine sarebbero stati stati costretti a calare 35 carte. Cazzi loro, se l'erano cercata!
LA SVOLTA
Per fortuna, Jena il rollatore aveva la macchina... così, iniziammo a vagare a cazzo in giro per Torino. Jena aveva un
telefono cellulare e lo usammo per telefonare a tutti i suoi amici... e
tutti ci fecero pacco, tranne uno,
Lyde,
uno squilibrato che sosteneva di venire a scuola con me e che fino a quel momento, a scuola, non avevo mai visto.
Così, passammo a prendere Lyde e gli raccontammo la nostra parentesi fascista: gli piacque molto, perché era EBREO. Così, Attila avanzò l'idea di tornare al Vecchio Nostalgico, bruciare Lyde ed inculare Luca il frocio; la proposta fu scartata ed Attila venne preso a cinghiate.
Allora, Lyde pronunciò il nome di una birreria, il Dorian Gray. Pessima mossa, venne evirato... ma nessuno si accorse della differenza.
Prima di scomparire dalla nostra vita, Spud ci aveva detto che quella sera, in un locale in corso Potenza chiamato
Rockhouse, ci doveva essere uno spettacolo di strip; decidemmo di trovarlo, fosse stata l'ultima azione della nostra vita.
Le ricerche furono premiate: il locale esisteva veramente, e sotto l'insegna risplendeva invitante la scritta
"Ingresso Libero"! Entrammo ingenuamente nel locale, convinti di non dover pagare un cazzo.
Vi lascio immaginare le vostre espressioni quando ci accorgemmo che
la prima consumazione obbligatoria era di 15 carte. All'inizio ci consolammo pensando alle 30 che non avevamo speso da Andy, ma entro breve la serata ci avrebbe regalato altre ottime soddisfazioni.
Verso la mezzanotte arrivarono finalmente le puttane, due troione prelevate direttamente dal vicino corso Appio.
Una era molto pheega, e
si aggirava con aria sadica tra i tavoli frustando qua e là gli ignari clienti mentre mangiavano la pastasciutta.
L'altra zoccola non era neanche male, ma si muoveva come una vacca: in neanche un quarto d'ora era riuscita a far cadere un po' di quadri, era rimasta
incastrata con una gamba in una ringhiera e, quando era salita in piedi sul nostro tavolo, stava per precipitare con il culo in faccia a Jena, che sarebbe morto felice.
Con la sua aria da impedito, Lyde riscosse le simpatie dell'altra puttana, la sadica, che si divertiva a stampargli ditate sugli occhiali e a strangolarlo, mentre a Jena riservò solo una misera frustata sul braccio.
Dopo un po' le mignotte prelevarono alcuni sfigati dai tavoli e li portarono sul palco,
strapparono le loro magliette e li coinvolsero in alcune danze un po' spastiche. Fu solo verso l'una che finalmente si esibirono in un
nudo integrale e potemmo ammirare il boschetto della nostra fantasia; purtroppo non molto dopo si rivestirono e lo show si fece monotono, così decidemmo di uscire dal Rockhouse; eravamo finalmente soddisfatti di avere trovato un locale al nostro livello.
LO SCAZZO FINALE
Come sempre, a quell'ora il tono dei nostri discorsi iniziò a scadere... così, Attila ci raccontò della sua abitudine di
telefonare di notte componendo numeri casuali, perché era divertente. Per mesi, Attila si era fatto mandare affankulo da tutto l'elenco del telefono di Torino e cintura, finché non aveva scoperto l'anima gemella: si chiamava
Giovi ed era un vecchio che,
mentre rispondeva al telefono, si faceva le SEGHE.
Amore al primo udito.
Quella sera, Attila voleva farcelo conoscere a tutti i costi, ma Jena si rifiutava di mettere a disposizione il cellulare, perché aveva paura che tracciassero il numero. Così facemmo come Beat, cioè andammo a telefonare dalla cabina... e il risultato superò ogni aspettativa.
Erano le due di notte, eppure Giovi rispose con prontezza ed iniziò a fare versi assurdi, dando effettivamente l'impressione di stare giocherellando con il cazzo. Aveva un forte accento pugliese, ma solo quando diceva le parolacce. Tutto il resto era suono animale.
Per farlo sentire a suo agio, iniziammo a belare e muggire... e poi, quando il gettone stava per cadere, gli dicemmo fankulo.
"Grazie... - rispose Giovi
- Grazie di avere chiamato!"
Fu un momento epico, la gentilezza di Giovi aveva conquistato anche noi... tanto che persino Niger parlò:
"Giovi è una persona alla mano - disse
- Perché mentre uno gli parla al telefono si fa seghe!".
All'unanimità, la votammo come peggiore battuta di tutto il 1995... e riconoscemmo che Niger aveva sempre fatto bene a stare zitto.
Subito dopo, su proposta di Jena il rollatore, ci recammo al
Fante, il giardino davanti al Poli.
Solitamente è pieno di tossici e si trova da fumare senza problemi, invece quella sera nemmeno là c'era anima viva e lo scazzo prese il sopravvento: mi svaccai su una panchina assieme a Niger e Jena, mentre Lyde uscì di testa del tutto (non che prima fosse una cima...) e iniziò ad arrampicarsi sul monumento del Fante in mezzo alla piazza, cantando a squarciagola.
In
Attila, invece, esplose una vena artistica e, seguendo le orme di Teomondo Scrofolo, lasciò sgocciolare la bottiglia per terra e
si mise a disegnare un cazzo di vino.
Dopo un po' il freddo ebbe la meglio e ci chiudemmo in macchina. Ormai anche Lyde era crollato; l'unico che non sembrava dare segni di cedimento era Attila, che imperterrito continuava a rileggere le nostre gesta del
"Back to Ronco"
con il sottofondo di Ligabue, fin quando Jena gli impose il silenzio e lo scaricò a casa.
A questo punto non ci rimase altro da fare che darci nuovamente il solito appuntamento-pacco per Sabato sera alle 9:30 ai Muri! E poi, appena scesi dalla macchina, urlammo:
"MINCHIA, CHE VENT'ANNI DI MERDA!" e ci mandammo tutti affankulo.