C'era una volta un ridente paesino di montagna il cui il giovane Marok passava le giornate in mezzo ai boschi e ai prati a fare un cazzo in attesa di copiare i compiti dai compagni delle elementari.
C'è oggi una metropoli tentacolare adornata da un'architettura alla Mirafiori e da vagonate di tamarri lampadati stile discoteca Naxos il sabato pomeriggio.
Potevano Elio e le Storie Tese disertare tale e tanto contesto? Ovviamente sì, ma non lo fecero. Nacque così il LIVE IN BARDONECCHIA!
I PREPARATIVI
Un rapido censimento ai potenti mezzi delle Fave di zona mi rivelò che la somma delle macchine a disposizione era esattamente zero, e il primo treno per il ritorno sarebbe partito alle cinque del mattino.
Foniuglia
propose di passare la notte fuori fino alle cinque, le risposi facendole notare che Bardonecchia è a 1500 metri sul livello del mare e che per reincarnarmi in una stalattite avrei aspettato volentieri qualche altro migliaio di anni. Finì per desistere dalla sua idea. Il Favone Grassone
ce la faceva a guidare all'andata ma non al ritorno perché è vecchio, così propose di andare a dormire in albergo. Costo minimo 50 euro, speranze di trovarlo senza prenotare un anno prima tendenti a meno infinito, il Favone stesso disse fankulo e tirò pacco. Il giovane Iko
disse che piuttosto di salire a Bardonecchia sarebbe andato al mare con moglie e bambini e vaffankulo. Bisognerebbe imporre al Fave Club un test sulla gioventù. Ivan Piombino
ci disse che lui aveva trovato una macchina, ma era dei suoi veri amici che avevano posto per tutti ma non per noi. Tirammo un sospiro di sollievo: per questa volta l'avevamo scampata. Il kompagno Gillette, che si era addormentato sia al Percfest che al concerto di Vinadio e a cui di Elio continuava a non fregare un cazzo, mi scrisse spontaneamente per dirmi: "Elio a Bardonecchia? Che figo, è l'occasione buona per DORMIRE UNA NOTTE IN TENDA!!!"
Di fronte alle mie perplessità, il kompagno Gillette e lo squilibrato
Grip partirono per un campeggio in cima a una montagna della Valle Stretta, al confine con la Francia, e dissero che passare la notte in tenda in alta montagna sarebbe stata la cosa più bella del mondo. "Marok, vieni anche tu!".
Solo mille ricerche dopo trovai finalmente una fava motordotata e consenziente: era il giovane
Dagarlass. Lui e
Comecazzosichiama
erano di Vigevano ma l'unica strada esistente passava da Torino, perciò al ritorno ci potevano tranquillamente scaricare vicino a casa. In macchina c'erano tre posti liberi: uno per me, uno per Foniuglia e l'ultimo, rimasto vacante, se l'aggiudicò l'autistico Grumo!
Perfetto, se c'era una speranza di trovare temperature sopra lo zero, con lui ce l'eravamo giocata.
SI PARTE!
Il compagno Gillette e lo squilibrato Grip erano partiti all'alba per la valle Stretta ed il relativo piacere di dormire in tenda. Verso le due di pomeriggio mi telefonò
Joco
dicendomi che forse sarebbe venuto su con Killer in macchina ma non sapeva bene a che ora, per vedere il concerto ma soprattutto per il relativo piacere di fare pacco: "Vuoi salire con me in macchina?"
Prima che finisse la telefonata ero già sul treno con Foniuglia.
In pianura faceva un caldo boia, quindi l'escursione termica avrebbe indubbiamente giocato a nostro favore, ma il cielo nuvoloso non prometteva niente di buono, soprattutto visto che il concerto sarebbe stato all'aperto.
Foniuglia mi disse che ci avrebbe pensato lei ad annullare il potere di Grumo e, per dare prova delle sue capacità mentali, si mise con la testa fuori dal finestrino a soffiare sulle nuvole cercando di convincermi che era scientificamente dimostrato che poteva funzionare. Effettivamente al Fave Club c'è il disperato bisogno di un minimo di selezione all'ingresso.
Tra tanti scompartimenti eravamo riusciti a beccare l'unico preso d'assalto da una babygang di bambozzi sfigati, i classici senza-famiglia scaricati dai genitori a quella tragedia esistenziale chiamata Gruppi Scout. Passarono il tempo a urlare, menarsi tra loro e prendere per il culo Foniuglia che soffiava sulle nuvole dal finestrino.
Unico diversivo del viaggio la telefonata di Dagarlass: "Ciao, non ho minidisc liberi per registrare il concerto stasera, sai dove posso comprarli a Torino?"
"Li hai dimenticati a casa?"
"No, è proprio che non so dove comprarli da me a Vigevano e così ho deciso di comprarli oggi a Torino, che tanto è sulla strada!"
E lui era quello che ci avrebbe dovuti riportare a casa... perfetto.
E va be', gli spiegai come arrivare a Mediaworld di Le Gru, lui sbagliò uscita e finì davanti al Carrefour di Collegno, i minidisc li avevano lo stesso anche là e così visse felice, handicappato e contento.
SI ARRIVA
Foniuglia ed io arrivammo in piazza Valle Stretta che saranno state le quattro e mezza, mentre Dagarlass ci mandava sms carichi di amore e speranza per il futuro del tipo: "Stiamo inseguendo in macchina Rocco e Christian Meyer!!! Figata!!!"
La piazza era ancora deserta, così andammo a fare un giro per il paese, anche per vedere se la casa di legno e pietra in mezzo ai prati in cui andavo sempre da bambino esistesse ancora.
Ebbene sì, esisteva ancora, ma intorno ci avevano costruito dieci condomini stile Mirafiori. Foniuglia mi consigliò di farci una foto per farla vedere ai miei provocandogli il definitivo infarto, mi rifiutai per spregio. Viva il progresso.
Il festoso vociare della folla in strada in compenso riscosse notevoli effetti sull'animo dolce e sensibile della giovane donna: disse che per arrivare a fine serata viva avrebbe dovuto scolarsi come minimo un'intera bottiglia di vino, così andammo a rifornirci in un supermercato in via Medail, l'epicentro di tutto il bordello.
Quando ritornammo in piazza Valle Stretta Foniuglia era in stato precomatoso e, ad aggravare la sua condizione, tutti gli altri handicappati erano già pervenuti al gran completo: l'autistico Grumo, Dagarlass e Comecazzosichiama, entusiasti di avere inseguito la macchina di Rocco e Christian Meyer lungo tutta l'autostrada, il Kompagno Gillette con lo squilibrato Grip, entusiasti di avere piantato la loro tenda proprio in cima alla montagna e in fondo alla vallata (in perfetto stile Percfest), Ivan Piombino, entusiasta del fatto che con l'aria di montagna l'handicap ci guadagna, ed il supremo vate ALAN MAGNETTI! Ormai eravamo il suo zoccolo duro.
Ci raccontò che dopo le calorose manifestazioni di affetto milanesi la sua fama era ulteriormente aumentata, e ora andava in tour anche con Max Gazzé. Piccole grandi star crescono.
Eh sì, il pomeriggio ci aveva già saturato di grandi emozioni, ma il vero incontro doveva ancora arrivare... senza alcun preavviso e nel pieno della sua storica carica di simpatia stava per fare il suo ingresso nelle nostre vite...
IL PAZZO!!!
Era un tipo squilibrato che avevo perso di vista da sette anni a questa parte, quando andavamo a scuola insieme. Aveva frequentato informatica tre anni di fila per otto ore al giorno tutti i giorni senza mai dare nemmeno un cazzo di esame e poi era sparito nel nulla.
Nelle leggende della facoltà viene tuttora ricordato per i suoi progetti ambiziosi, tra cui quello di creare una scheda olfattiva per PC in grado di salvare gli odori in formato .snf, o l'altrettanto ambizioso disegno di un ibrido Amiga che caricasse il dos nella Eprom.
Ai tempi della scuola aveva due capelli, ora li aveva persi entrambi, però l'aria da evaso dal manicomio era rimasta.
"Che minchia ci fai qua?" gli chiesi.
"Ho una casa a Bardonecchia, sono qua in vacanza!" disse, prima di viaggiare nel delirio informatico più puro.
Tentai di sviarlo dal misticismo nerd con la domanda "che cazzo fai nella vita?", ma rispose in modo contorto e confuso lasciando trapelare tra una stronzata e l'altra che cazzeggiava un negozio di computer insieme a suo padre e di conseguenza non faceva un cazzo tutto il giorno. Alla fine se la passava meglio di tutti quelli che si erano laureati, Grip e Gillette compresi.
Immerso nel contesto universitario mi ritornarono alla mente i due dispersi, ovvero Joco e Killer. Gli scrissi un sms carico di amore e speranza per il futuro chiedendo loro se fossero già partiti per Bardonecchia.
Mi risposero che nella migliore delle ipotesi sarebbero partiti dopo cena. Quindi non sarebbero arrivati prima delle dieci. Tutto secondo copione.
Non appena iniziò a radunarsi un po' di gente davanti al palco, fu chiaro anche ai più scettici che l'individuo che aveva organizzato il concerto aveva una tonnellata di merda pressata nel cervello, e
l'odio con cui era stato progettato il tutto trapelava da ogni minimo particolare dell'ambiente che ci circondava.
Con tutti i prati e gli spazi aperti che c'erano a disposizione a Bardonecchia, avevano montato il palco in mezzo a un gruppo di case, quindi a mezzanotte avrebbero dovuto staccare come se fossimo in città.
Per di più la piazza era corta e dietro la piazza c'era l'unica strada trafficata di Bardonecchia, quindi per quelli delle ultime file si sarebbe preannunciata una serata alla Carmageddon.
Inoltre la piazza era in forte pendenza e il palco era stato messo nel punto più alto, con l'ovvia conseguenza che chi stava dietro avrebbe avuto gli occhi all'altezza del culo di quello che gli stava davanti. Per i nostri occhi non era un grosso problema, eravamo in prima fila, però eravamo preoccupati per il nostro culo: si sarebbe potuto sentire osservato. Gli dicemmo di farsi coraggio e iniziammo ad invocare Alan Magnetti.
Solo più avanti avrei saputo che il palco l'aveva montato il cugino di Ivan Piombino, ed ogni cosa mi fu chiara.
ALAN MAGNETTI
Dopo una mezz'ora di preziosi stornelli e variegate minchiate made in Phophpho, l'artista completo Alan Magnetti ruppe la monotonia dell'attesa.
Questa volta il suo mantello era bianco, somma dei tre colori fondamentali che combinandosi danno origine alla luce, nonché Kubrikiano simbolo dell'inizio e della fine della vita, e la tempestosa carica di geniale lirismo e metafisica pienezza che si irradia dalla sua anima sublimava all'infinito. Il livello della sua essenza espressiva era una sfida all'assoluto stesso del mondo, una forma di energia primordiale che si propagava dalla base del pensiero fino all'iperuranio della conoscenza, e il brillante risultato di tutto questo fu che saltò il gruppo elettrogeno.
In altre parole a metà brano era mancata la luce, e il prode Alan si ritrovò a cantare al buio, senza base e senza microfono.
Si dice che anche quando tutto va male può sempre andare peggio, e infatti nel silenzio generale sentii un urlo provenire da lato del palco: "Marooooook!"
Nella penombra scorsi le handicappate sagome di Joco e Killer, arrivati appena in tempo per godersi il black out. Iniziarono a urlare cose incomprensibili e poi scomparvero nel buio in fondo alla piazza. Chissà se li avrei più rivisti... peccato.
Al ritorno della luce, gli applausi e le invocazioni all'Alan nazionale furono tali da costringere i tecnici a rimandare la base dall'inizio ed assistere impotenti all'apoteosi di delirio dei suoi fans che urlavano a squarciagola gli aulici versi del loro profeta.
Ormai tutto ciò che c'era da vivere l'avevamo già vissuto, ma già che eravamo lì in prima fila decidemmo di rimanere anche per il gruppo successivo: Elio e le Storie Tese.
QUELLI DOPO ALAN MAGNETTI
Il copione degli elii rimaneva fedele alla tradizione: inizio con BABE, poi GIMMI I.
Noi Fave avevamo praticamente monopolizzato la prima fila, nella migliore tradizione, e Dagarlass, Grumo ed io stavamo registrando tutti e tre il concerto su minidisc, uno di fianco all'altro.
Data l'esistenza dei brulé, mi sembrava particolarmente inutile fare tre copie di quella parte di concerto, anzi, a dire il vero mi sembrava particolarmente inutile anche farne solo una, così all'inizio di JOHN HOLMES misi via il minidisc e lasciai che a registrare fossero gli altri due handicappati.
La svolta sarebbe arrivata a metà del brano successivo, ovvero la mitica ESSERE DONNA OGGI, quando una finta bionda, sulla quarantina mal portati, si mise a correre davanti alle transenne indicando noi ed urlando come una forsennata a quelli della security qualcosa di incomprensibile.
Qualche attimo dopo un gorillone venne dai tizi di fianco e poi subito dopo da me, e disse che era vietato fare foto. In un concerto GRATUITO ALL'APERTO non si potevano fare le foto. Raramente avevo colto un simile disprezzo nei confronti del pubblico e dell'intelligenza, mi consolai pensando che se avessi avuto il minidisc al collo in quel momento probabilmente mi avrebbero blindato a vita.
"Se volete fare foto dovete avere il pass!"
"Ho la tessera del Fave Club!" risposi
"No, quella non serve a un cazzo!"
Certe cose le sanno davvero tutti.
"Sono autorizzato da Elio a fare le foto - azzardai in stile da piena supercazzola - prova a chiederglielo!" aggiunsi indicandolo.
Elio vide tutta la scena e, nel bel mezzo della canzone, disse: "Marok, HAI PASSATO IL SEGNO DA TROPPI ANNI!"
L'arguto buttafuori rimase intenerito da tanto movimento d'affetto nei miei confronti e, alla faccia di miss Simpatia Industriale, acconsentì alle foto, seppure senza flash. Per fortuna con la Canon A80 non fu un grosso problema.
Il resto della scaletta rimase identico rispetto alla release milanese, con Né carne né pesce trasformata in BARDO/NECCHIA e parecchi richiami al gruppo elettrogeno, alimentato con la stessa intelligenza con cui era stato organizzato e gestito tutto il resto.
Unica nota degna di rilievo il fatto che, per par condicio, pochi minuti più tardi il cantante mandò affanculo anche l'artista poliedrico Ivan Piombino, anche se non c'entrava assolutamente una minchia.
Anche questo è amore.
AFTER
Finito il concerto facemmo una capatina dietro le transenne per salutare gli elii. Sembravano molto presi, probabilmente perché il giorno dopo avrebbero dovuto suonare dall'opposta parte dell'orbe terracqueo, tutti tranne Christian che, beato lui, vive in un suo mondo migliore ed era rimasto a chiaccherare amabilmente con noi.
Il Pazzo aveva preso il brulé durante il concerto, così vagava per il mondo sfoggiando la sua etichetta numero 5.
"Conosco uno che ha tutti i numeri 1!" gli dissi. Rimase traumatizzato.
Joco aveva ancora tre posti liberi in macchina, quindi seppure sotto tortura si dimostrò disponibile a riportare a Torino me, Grumo e Foniuglia, e soprattutto a fermarsi a bere qualcosa.
Per tutta risposta il prode Dagarlass schizzò via alla volta di Vigevano e l'autistico Grumo un quarto d'ora dopo se ne uscì con la frase: "Ma io ho la roba nel bagagliaio di Dagarlass!"
Non ci sono più gli autistici di una volta.
Se fossi stato in Dagarlass avrei buttato la roba di Grumo fuori dal finestrino e me ne sarei andato a dormire,
invece lui ritornò a Bardonecchia apposta per riportargli il tanto atteso malloppo, che poi si rivelò essere un sacchetto della spesa con dentro quattro stracci per dormire la notte.
Solo allora Grumo poté ritornare nel backstage, e fu una fortuna perché Christian aveva detto: "Finché non saluto Grumo non vado a casa!" Sono cose che fanno pensare.
E ora si trattava di trovare un locale in cui cazzeggiare amabilmente per dissipare nell'alcool gli ultimi scampoli della nostra gioventù. Siccome il Pazzo ha sempre passato l'estate a Bardonecchia a partire dall'anno zero gli dicemmo di consigliarci qualche bel locale. Ci rispose che non conosceva un cazzo, così dovetti trainare io gli handicappati in via Medail, affidandomi alle mie memorie di una ventina d'anni prima.
Strada facendo incontrammo anche Alan Magnetti che stava camminando avanti e indietro come un disperato per trovare qualcuno che lo riportasse a casa in macchina: c'è sempre chi sta peggio.
Lo abbandonammo al suo destino ed entrammo in una birreria piena di gente in cui stranamente c'era un grosso tavolo vuoto. Fu Foniuglia a capire perché: la festa si era spostata nel cesso e noi non eravamo invitati. Peccato.
Ci consolammo diluendoci nell'alcool, soprattutto Joco che non aveva mai bevuto in vita sua, che ci doveva riportare fino a Torino e che aveva ordinato dello spumante. Gli impedimmo fisicamente di berlo e ce lo scolammo noi alla faccia porca sua.
Intanto Foniuglia continuava a fare la spola tra il nostro tavolo e il cesso per vedere se riusciva ad entrarci anche senza l'invito, ricevendo sempre due di picche.
Questo bizzarro comportamento fece a poco a poco calare il silenzio nel locale, tutti la osservavamo ammutoliti, finché Killer non ravvivò il clima della serata, urlandole: "Ma non hai fatto PUUUUZZA???!"
Seguì un lungo applauso da parte di tutta la birreria.
Foniuglia ne fu estasiata: con le giovani donne basta saperci fare.
In ogni caso alle tre cacciarono fuori dal locale sia noi sia quelli della festa nel cesso, e fu allora che Grip ed il kompagno Gillette ci confidarono un simpatico particolare: avevano lasciato la loro macchina nel campeggio in culo alle montagne per il piacere di camminare fino a Bardonecchia, e ora pretendevano che qualcuno li riportasse in macchina fino al campeggio, perché erano stanchi.
Fossi stato in Joco avrei risposto di tornarsene affanculo a piedi al loro cazzo di campeggio in culo al mondo per il piacere di fare una camminata, Joco invece provò pietà e ci caricò tutti e sette in macchina, infilando nel bagagliaio il kompagno Gillette perché era il più alto.
A dire il vero saremmo stati in otto ma persino il Pazzo, il cui nome la dice lunga sulla sua lucidità mentale, preferì mandarci affanculo e tornarsene a casa a piedi.
Arrivati al campeggio, l'autistico Grumo vide il cielo e si accorse che si vedevano le stelle.
"Dai, passiamo tutta la notte qua a contare tutte le stelle!"
Gli dicemmo che se voleva poteva tranquillamente fermarsi là in cima al monte con meno dieci gradi di temperatura per il piacere di contare le stelle, mentre Grip e Gillette stavano là per il piacere di dormire in tenda e noi ce ne andavamo affanculo per il piacere di tornare a casa in macchina.
Alla fine anche Grumo decise di venire con noi.
Di Gillette e Grip non avremmo avuto più notizie, c'è chi dice si siano ibernati nella loro tenda per il gusto di fare campeggio in montagna e siano passati alla storia come gli Abominevoli Handicappati delle Nevi, altri raccontano di saperli impegnati a lavorare in una miniera di sale per il gusto di passare un po' di tempo in una grotta di montagna, altri ancora riferiscono di una loro partenza per l'Iraq per il gusto di fare un viaggio all'estero, ma le uniche testimonianze attendibili li attestano a Casablanca, dove si sarebbero operati per il gusto di vedere una figa.
Foniuglia, una volta in macchina, decise di passare il tempo a bere pur di riuscire a non sclerare con le nostre cazzate.
Prima di perdere conoscenza definitivamente ci pose un'unica domanda seria: "Perché Gillette si chiama Gillette?"
Killer ci pensò un po' su e rispose: "Perché una volta aveva UNA FIGA in faccia!"
La giovane donna non smise di bere finché non arrivammo sotto casa sua, poi, scesa dalla macchina barcollando, ci ringraziò perché lei per dipingere deve stare male e noi l'avevamo aiutata. Il dottor Marok risolve.
Killer obbligò Joco a riportarlo fino alla sua casa in un paese in culo al mondo, Grumo invece non riuscì a convincerlo a riportarlo a Milano. Nessuno è perfetto.
Ma questo non ci impedì di mandarci un'ultima volta definitivamente, improrogabilmente e consecutivamente affankulo.