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Saturday Night Strage - Sabato 29 giugno 2002
Aperti gli occhi al mondo, il Favone ed io notammo che qualcosa in mezzo a noi era cambiato: il colorito di GrumoGrumo dal consueto pallore post-decesso aveva improvvisamente virato verso il magenta.
In altre parole: l'amico era interamente ricoperto da ustioni di terzo grado.

"Grumo, ma non è che ti sei un po' scottato ieri al sole?"
"Eh... è normale, è la prima volta che vado al mare..."

Solo di fronte al primo incontro/scontro con lo specchio, Grumo concluse: "Ma sì, oggi noleggio un ombrellone!"

Fu un'idea molto saggia, soprattutto perché il paonazzo compare anticipò tutti i soldi e noi ci potemmo svaccare sulle sdraio alla facciazza porca sua.

Rimanemmo in quella posizione più o meno un'oretta.
Poi il Favone, dopo una breve immersione corredata da racconti di sborra, di mare e di spermatozoi che lo rincorrevano, Grumo continuum ci disse che tutto ciò gli aveva messo fame, che noi eravamo stronzi perché non venivamo a mangiare il pesce, che eravamo teste di cazzo perché stavamo in spiaggia, quindi ci mandò affanculo e se ne andò imprecando e bestemmiando.

Lo rivedemmo solo nel tardo pomeriggio, fisso di fronte al batterista di turno e alla fedele Desperados. Qualche secondo di insulti e convenevoli per poi dirci che era tardi e bisognava andare in piazza a prendere i posti.
Questa volta la curiosità ci spinse a seguirlo.

Nonostante fossero appena le sei, constatammo come il calcolo del tempo non fosse sbagliato: nel tragitto tra il Mayflower e piazza Marconi la velocità media fu di circa un metro all'ora, visto che ogni persona che incontravamo aveva MILLE ANNI di vita da raccontarci... e noi dovevamo ascoltarli tutti.
Certe volte rimpiango di non essere nato sordo.

Comunque, una volta emersi dalla baia delle cazzate, affondammo le nostre scomposte membra negli stessi posti della sera precedente, sperando che almeno da lì non ci esiliasse nessuno.
Ci consolammo presto: anche volendo, la deportazione sarebbe stata impossibile. Intorno a noi il selciato era formato da un impenetrabile groviglio di corpi orrendamente accatastati ed incastrati gli uni negli altri, tanto che era impossibile capire quali e quanti arti appartenessero ad ogni individuo. Sarebbe bastata la presenza di un monco o di un organismo con tre braccia per mandare l'intero censimento a puttane.
Se sopra le nostre teste fosse passata una ferrovia e una superstrada, saremmo stati degni rappresentati dell'architettura genovese.

Fu proprio in questo scenario che si svolse la finale del PercFest... e sul palco fece la sua comparsa un bizzarro personaggio.
"ELIOOOOOOOOOOOH!!!" urlò il Favone.
Il cantante si guardò intorno stupito.
"Ma... ma... anche qua???" mormorò terrorizzato.
Era la conferma: dopo la dipartita di Ivan Piombino, anche per lui eravamo l'incubo peggiore.

Visto che il Favone non poteva salire sul palco a rendere omaggio al suo idolo, ci pensarono i suoi amici nonché concittadini nonché vincitori della semifinale della sera prima, alias il Beccaro e Ruggero duo, ora in lizza per il primo posto.
L'esibizione fu ancora migliore di quella della sera precedente, anche se l'apparecchio che usavano per distorcere e ripetere la voce si era immancabilmente sminchiato in entrambe le occasioni.

Venne il turno dei loro I trombati del Percfestavversari.
"Secondo voi vincerete?" chiese Elione.
"Questa è una bella domanda, grazie per avermelo chiesto!"
Sono cose che fanno pensare.

Anche loro ci davano parecchio dentro, ma gli amici del Favone avevano veramente sputato fuori l'inverosimile, dando modo ai quattro dell'Ave Maria, alias Elio, Christian Meyer, Gilson Silveira ed Ellade Bandini, di incoronarli vincitori ufficiali del Concorso del PercFest.

"Vaffanculo, ora hanno la macchina piena di premi e non mi portano più a casa!" commentò il Favone Grassone, che già pregustava le sue sei ore di treno al ritorno.

Le sorprese però non erano finite. Era in arrivo il gruppo successivo, ovvero gli Aires Tango.
"Sapete, è bello essere argentini - esordì il cantante - abbiamo perso il mondiale fin dal primo giorno, abbiamo provato a pubblicare cinque dischi, i primi quattro sono spariti, il quinto non ce l'hanno neanche pubblicato perché hanno messo una bomba al Manifesto, ma... stasera siamo qua!"
Gli mancava solo un dettaglio per raggiungere la perfezione e porre fine alle proprie sofferenze: uscire una sera con noi.

Erano FENOMENALI. Tutti. Il più fico però era il mitico sovraumano Il batterista degli Aires Tangobatterista, che rendeva musicali tutti gli elementi della natura conosciuti più qualcuno non ancora scoperto dai più. In tutto ciò, il sassofonista aveva rischiato circa tre o quattro infarti al secondo.
Ma tutto in nome dell'amore.
Ed è questo che conta, in fondo.

Seguiva la Rosario Bonaccorso's Reunion, tanta altra buona musica, seguivano i nostri passi strascicati verso Pacan, Mayflower, la ricerca delle Fave Romane inesistenti, il favone che si faceva l'ultimo panino lardo e miele della giornata, Grumo che sparava le ultime cazzate, il vento del mare che condiva di granellini di sabbia i detriti del nostro handicap, e poi finalmente tutti a nanna felici e contenti, pronti per assicurare il nostro corpo alle sozze coltri dei nostri giacigli, pronti per assicurare le nostre vite all'ennesima botte di ferro.
Immancabilmente piena di merda.

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