Prestigioso preascolto del nuovo altrettanto prestigioso microsolco di EelST
Se ogni gruppo ha i fan che si merita, cos'han fatto Elio e le Storie Tese?
LE ORIGINI
Ebbene sì. Quest'anno, per la prima volta dall'anno zero, era il 2003.
E da mesi non c'era traccia alcuna degli Elio e le Storie Tese.
Il governo li aveva rapiti?
O era stato Piero Pelù?
O il Liga?
Fu un comunicato stampa della
Silvia Bolbo
a rompere il silenzio:
"Care Fave vicine e lontane, come preannunciato a dicembre, eccoci ad annunciarVi il P.P.D.N.A.P.M.D.EelST ("Prestigioso preascolto del nuovo altrettanto prestigioso microsolco di Elio e le Storie Tese") pro Fave only"
In altre parole, contro ogni aspettativa, Elio e le Storie Tese stavano finalmente facendo qualcosa e... sarebbe stato qualcosa di rotondo. Col buco! Un disco, per l'esattezza.
E ce lo avrebbero fatto sentire in anteprima assoluta.
Il bello di essere VIP.
ORGANIZZAZIONE
Visto che le adesioni minacciavano l'overflow, gli Elii splittarono l'appuntamento tra Milano e Roma.
A dire il vero, una trasferta capitolina non mi sarebbe affatto dispiaciuta, però avrei dovuto aspettare un mese in più; così, mandai affanculo le
Fave Romane ed aderii alla trasferta milanese del primo febbraio, prenotando un posto singolo per il mio giovane corpo ed uno doppio per il
Favone Grassone.
All'ultimo, si aggiunse alla comitiva anche l'inossidabile Max Kava, quello di
www.maxkava.com. Era dai tempi del Panino Day che non si faceva una trasferta elica, avevamo quasi paura che si fosse obsolito nell'oblio, come
Ivan Piombino.
L'appuntamento con il Prestigioso Preascolto era alle due agli studi
Jungle Sound di Milano, in via Pestalozzi. Tra le indicazioni della Bolbo, quelle dell'autistico
Grumo
e le stampe dalle
Mappe Michelin,
eravamo più imbottiti di cartine dei tossici della stazione, ma non vi preoccupate: in un modo o nell'altro, riuscimmo a perderci lo stesso.
Dopo un po' di giri a vuoto, per puro caso riuscimmo a pervenire ad un volto noto: quello della
favessa Manuela.
Capimmo di essere arrivati alla meta.
Eravamo i primi, così decidemmo di andare a fare un giro e tornare più tardi in modo da essere gli ultimi.
Attraversammo strade e ponti alla ricerca di una panchina, ma a Milano pare non si usino, così ci abbioccammo sul gradino di un marciapiede con la faccia all'altezza dei tubi di scappamento delle macchine che passavano in strada; quindi, ingannammo il tempo mangiando pizza alla cipolla e trasformando una lattina di cocacola in un'enciclopedia Treccani di bestemmie ruttate.
Quando ritornammo alla base, speravamo di essere gli ultimi, ma tutto fu vano: c'era sempre qualcuno più ritardato di noi.
RAPPORTI UMANI
Tra i presenti, notevole la concentrazione di fave VIP, tra cui il modello Silvio Bisi, l'autistico Grumo, i nordorientali Giogiò ed Ezio Ciuspiont, l'anale
Pelodia, il compare Gigio e
Gnapppo, la Formica di Mmmerda.
Dall'ultima trasferta Romana, Gnapppo non aveva mai smesso di smanettarsi il peezellow, che in fondo sembrava un passatempo sano ed istruttivo.
In quell'occasione, però, fece un grosso errore: lo diede in mano al
Favone Grassone.
Mai affidare agli amici il proprio peezellow (se non potete vedere le pratiche immagini allegate, non capirete mai di che cosa stiamo parlando e vi rimarrà il dubbio per tutta la vita... peccato).
Anche l'anale Pelodia, intanto, sembrava provato, così con la massima innocenza domandai:
"Avete avuto difficoltà a trovare la strada?".
Da allora, sulla folla calò un improvviso silenzio.
L'INCONTRO
Per capire il loro dramma, occorreva fare un passo indietro, ritornando al momento in cui l'anale Pelodia, il compare Gigio e la coproformica Gnapppo ridevano e scherzavano ignari, all'uscita della stazione del Metrò.
Come da copione, i tre si aggiravano per le fermate del tram leggendo ogni palina, bestemmiando perché era cannata, e avendo ormai perso le speranze di arrivare vivi a destinazione; ma anche da qualunque altra parte.
Finché all'improvviso... l'anale Pelodia ebbe una folgorazione.
"Oh, io quello me lo ricordo! - esclamò indicando una bizzarra figura in lontananza
- È una fava, me lo ricordo a Crema, che dava delle cose a Marok! OOOOH, TU SEI FAVA VERO?!?!?!".
Gnapppo si voltò con la faccia della morte ed esclamò, testuali parole:
"Maial! Quello è
GRUMO,
Pelo! È GRUMO!!! Hai capito di chi sto parlando?"
Quando l'anale Pelodia si rese conto della gravità della situazione, l'autistico Grumo li aveva già raggiunti e, con la sua unica espressione facciale, aveva già instaurato un primo rapporto dialettico:
"Mmmh. Anche voi da jungle sound?"
Come sempre, l'autistico non lasciò il tempo di rispondere e partì a testa bassa per cercare il tram. Il peggio, però, doveva ancora arrivare.
Una volta saliti sul mezzo, Grumo chiese i dati dei tre handicappati, primo tra tutti il nome.
Seguì una rapida ma attenta analisi degli input ricevuti, una pronta elaborazione, e poi il responso:
"Non mi ricordo di voi, evidentemente non siete FAVE IMPORTANTI!".
Intanto, l'anale Pelodia stava parlando alla coproformica di
un certo Randall Flagg che gli rompeva i coglioni, perché possedeva
"Fun Club",
un disco che Battiato aveva prodotto a Manlio Sgalambro.
A quel punto Grumo alzò gli occhi e disse
"Sono io Randall Flagg!!!"
Fu più o meno allora che ricevetti uno strano sms, a quanto pare spedito qualche tempo prima:
"TROVATO GRUMO! SIAMO A CAVALLO (non so ancora di cosa)"
Strane persone...
I DISPERSI
Insomma, le fave handicappate del Nord Italia c'erano praticamente tutte, all'appello mancavano solo i liguri:
Rese,
Sanfru e la
Caiazzo.
La Caiazzo da qualche giorno non l'aveva sentita più nessuno, probabilmente dopo l'ultimo miliardo di bolletta i suoi le avevano segato il telefono.
Al contrario,
Sanfru aveva chiamato l'anale Pelodia il giorno prima, per dirgli:
"Pronto, HO LA BARBA!!!"
Pelodia aveva spento il telefono, da allora non l'avevea sentito più nessuno.
Rese invece l'avevamo sentito via chat e ci aveva detto che sarebbe venuto, ma di lui non c'era traccia alcuna, al telefono non rispondeva, concludemmo che era imploso.
Bisognava farsene una ragione.
HOMO ABILIS
Il tempo correva veloce, tra insulti a tutti gli assenti e disquisizioni armonico-strumentali a cura di un tipo che nessuno conosceva ma che si spacciava per il Dio della tecnica musicale:
"Chi suona il basso a cinque corde è veramente un COGLIONE!"
Pelodia commentò:
"Io suono il basso a cinque corde..."
E lui:
"Dai, allora ammettilo davanti a tutti che NE SUONI SOLO QUATTRO!"
Pelodia negò con decisione, l'altro si ammutolì. Strane persone.
Ridendo e scherzando, le due erano già passate da un pezzo, ma, degli elii, ancora nessuna traccia.
"Sicuro che il cancello è chiuso?" chiesi a Gnapppo, che ci stava appoggiato contro.
"Sì - rispose, provando a tirare
- è barricato!"
"Be'... prova a suonare..."
"No, poi rompiamo le palle... aspettiamo che ci aprano!"
Dopo cinque minuti, arrivò l'ultima persona che mi sarei aspettato di veder arrivare:
Alex Britti.
Suonò il campanello, la porta si aprì immediatamente, quindi Alex Britti la spinse ed entrò.
"Lascio aperto?" chiese a Gnapppo.
"Sì, grazie!" rispose
la Formica di Mmmerda, che
tirò la porta verso di sé. Chiudendola.
"A questo punto, io direi di suonare..." proposi.
"Noooo, poi rompiamo le palle!"
Dopo cinque minuti che fissavamo la porta chiusa, mi telefonò
la Bolbo.
Era pronta al peggio, perché l'ultima volta che mi aveva telefonato perché eravamo in ritardo le avevo risposto:
"Siamo incastrati con la macchina sulle rotaie del tram!".
Erano passati solo quattro anni, di sicuro non eravamo migliorati.
"Marok! - disse la Bolbo
- Dove siete?"
"Siamo qua fuori..."
"Fuori??? E che ci fate fuori???"
"Boh..."
"Entrate, che siamo in ritardo!!! La porta è aperta!!!"
"Ma Gnapppo l'ha chiusa..."
"Eh??? Ma c'è l'apriporta, basta premere..."
PENETRAZIONE
Interdicemmo Gnapppo dal contatto con qualunque tipo di apertura per il resto dei suoi giorni ed entrammo negli studios.
Ci accolsero a braccia aperte Rocco e Cesareo, intimandoci con stile accademicopoliziesco di posare zaini, giacche ed ogni tipo di oggetto compromettente in un angolo della stanza, in modo da evitare accuratamente tentazioni acquisitive di ogni tipo; infatti,
quello che avremmo sentito quel giorno non avrebbe dovuto superare per nessun motivo le pareti del Jungle Studio, almeno finché l'album non fosse uscito.
Non solo erano vietati registratori audio/video e telefonini... ma persino le macchine fotografiche!!!
"È anche vietato avere buona memoria!" aggiunse Cesareo.
Almeno per quanto riguarda l'argomento Elio e le Storie Tese, ero assolutamente illegale.
Tutto ciò che potevamo tenere con noi era un foglio di carta e una penna elargiti all'entrata. Sul foglio, c'erano nove numeri incolonnati, a fianco dei quali avremmo dovuto scrivere commenti sulle nove tracce del cd.
Gli elii ne avrebbero poi tenuto massimo conto e, da bravi artisti, avrebbero fatto tutto il contrario.
Attorno a noi, intanto, si ergeva la stanza del prestigioso preascolto; grande una cinquantina di metri quadri, era arredata a forma di anfiteatro (
"stadio" per i più colti), con tre anelli su cui si appollaiarono le Fave, uno stereo con lettore cd, enormi casse ed un tavolino per i relatori Rocco e Civas. Soffitto mansardato a spiovente, con annesso lucernario, come si conviene agli artisti.
Posai il culo in seconda fila.
Davanti a me, l'autistico Grumo fissava il lucernario: aveva ancora una possibilità di fare piovere dentro lo studio.
Alla mia sinistra, il coproformicone Gnapppo era riuscito a recuperare il peezellow e ne faceva buon uso.
Alla mia destra l'anale Pelodia mi guardava con aria assente.
"È bello avere il mio culo di fianco!" gli dissi, per sbloccarlo.
"Ma quando non ci sono come fai a cagare?"
"Oh, non è un problema, appena ho un po' di merda la metto su marok punto org!"
Alla destra dell'anale, una gentile signora dall'aria familiare.
Era
la mamma di Elio, che veniva a controllare cosa facessero gli amici di suo figlio.
Si sarà fatta un'ottima impressione.
PRESTIGIOSO PREASCOLTO!
Tutto era pronto, il preascolto poteva partire!
Ma solo dopo aver provato otto volte ad inserire il cd nel lettore: anche i grandi artisti nel loro piccolo sono handicappati.
Il primo pezzo lo conoscevamo già: era
"LA PENA DI MORTE". L'avevano eseguita varie volte dal vivo nel tour del 2002, infatti ci dissero che, come base di batteria, avevano preso quella di un concerto.
"È il soundcheck di Novate!" esclamò l'autistico Grumo.
"Tu sai che uscirai di qua dentro a una bara?" commentò il Civas.
L'autistico Grumo non fece altre domande.
Rocco invece ci svelò che stavano cercando un nuovo titolo per quel brano e di indicare eventuali suggerimenti. Scrissi
"RONDÒ DELLA FORCA": a Torino è la piazza dell'impiccagione, e il rondò poteva indicare la
"ballata dell'impiccato" che Mangoni fa sul palco. Sapevo già che la mia idea sarebbe stata convertita in palline di merda.
Comunque, la base del pezzo in nove ottavi era stupenda, ma il testo continuava ad essere un po' piatto. Rispetto alla versione live mancava la strofa iniziale di Mangoni, in compenso c'era un uso smodato di vocoder: praticamente non si capiva un cazzo.
Scrissi come commento che l'uso del vocoder per non far capire il testo sarebbe stato una valida alternativa ad un testo intelligente, ma avrei preferito l'alternativa. Non sarebbero stati contenti.
Il secondo era piuttosto lento, stile vagamente alla Finardi.
Il titolo provvisorio era
"PHOSSI PHEEGO" e il protagonista era un aborto della natura, vecchio, schifoso e pelato, che viveva il dramma di Amitrano: si doveva rifare la foto sul documento, perché nel frattempo era peggiorato. La vita però gli regalava una soddisfazione: quando vedeva le cubiste, gli veniva il cazzo dritto.
Divertente, sebbene poco rifinita, comunque avevo già una lista di diecimila persone a cui dedicarla.
Il terzo era finalmente un bel brano thrashmetalpunkdeathfigculcazz, titolo provvisorio
"CANI E PADRONI DI CANI".
Mi innamorai subito della protagonista:
la MERDA di CANE.
Dapprima, sotto una scarpa; poi su uno stic, poi... sì, insomma, c'era merda dappertutto. Fantastico. Amore a prima vista. L'impianto ritmico forse era un po' troppo
"storto", ma era anche il suo bello: finalmente riconoscevo i miei Elio e le Storie Tese!
Tutt'ad un tratto, anche il bassista Faso entrò nella stanza, appena in tempo per illustrarci il quarto brano.
Era una serenata dolce, lenta e romantica e aveva come protagonista
"LA MODA", scarpe da donna in particolare. L'idea di fondo era che gli uomini devono sborsare milioni per comprare alle proprie donne scarpe di merda disegnate e prodotte da ricchioni.
Il modello principale contro il quale si scatenava l'odio della canzone era una cosa chiamata
"sabot"; non chiedete a me, non avevo mai sentito questo termine prima d'ora, dal contesto capii che trattavasi di ciabatta. Mi riservai di chiedere al Favone Grassone: in quanto feticista, era sicuramente competente.
In ogni caso, l'ispirazione era ottima.
Tuttavia, lo stesso intenditore che sosteneva che il basso a cinque corde lo suonano solo i coglioni fece notare che il brano era troppo corto. Faso e Rocco risposero che i Beatles li facevano ancora più corti quindi zitto e vaffankulo.
Il quinto era una nostra vecchia conoscenza:
"LITFIBA TORNATE INSIEME".
"Questa l'avete già sentita tutti - esclamò Rocco
- grazie all'mp3 che è circolato su internet..."
Chissà perché, tutti guardarono me... certe cose proprio non le capisco.
Nessuna variazione da segnalare, ovazione d'obbligo sul verso
"non è il padre che incula la figlia!" e tanto amore.
Il sesto era l'ultimo inedito conosciuto:
"PHILIPPINO ROCK".
Anche questa l'avevano suonata nel corso del tour e non mi ha mai detto un cazzo (anche perché i filippini pulitori di case li hanno visti solo gli Elii). Riconfermai il mio giudizio al prestigioso preascolto.
Il settimo al contrario era un capolavoro, semplicemente geniale, così come il suo titolo:
"UN DITO NEL CULTO".
Rocco e Faso ci spiegarono che il protagonista era un tizio che non riusciva ad aderire a nessuna religione, perché c'era coda dappertutto. Per esclusione, decide quindi di farsi
"pagàno" (attenzione, non nel senso che intenderebbe Burzum: con
"culto pagàno", gli Elii si riferiscono alle divinità dell'antica Roma!).
Gli dei romani, increduli e riconoscenti, gli regalano un bootleg di Giulio Cesare che insegna a costruire un ponte (in sottofondo si sentiva un brano del
"De Bello Gallico" ed un coro di lebbrosi, tratto dal film
"Excalibur").
Il ritmo era a dir poco assurdo, non avevo mai sentito nulla di più storto di questo pezzo. Rocco ci spiegò che esercitava anche strani effetti sul regno animale, dato che ogni volta che arrivavano in studio c'era una papera che iniziava a starnazzare. Alla fine, avevano deciso di campionarla e infilarla nel brano, come premio per la partecipazione.
La chicca del brano era comunque la sfida allo scioglilingua tra il Pagano ed il dio Marte:
"Marte, prova a dire mazzo di carte carte di mazzo, mazzo di carte carte di mazzo, mazzo di carte carte di mazzo!" "Mazzo di carte carte di mazzo, mazzo di carte carte di mazzo, mazzo di carte cazzo di ma... merda!"
Bellissimo. Per me era uno dei migliori brani dell'intera produzione di Elio e le Storie Tese.
L'ottavo si chiamava
"SHPALMAN"
ed era dedicato a un supereroe la cui missione è spalmare la merda in faccia.
Una figata: anche qua si parlava di merda, anche qua amore a prima vista.
Il ritornello era molto orecchiabile e facile da ricordare, con Pelodia ci riproponemmo di farne una suoneria per telefonino non appena fossimo usciti, ben sapendo che non avremmo mai avuto voglia di farla, né io né lui.
La voce era quella di Rocco, modificata col vocoder. Il tastiere ci spiegò che, quando avevano inciso quella traccia, Elio non era potuto venire in studio, così aveva dovuto metterci lui la voce e, per mascherare le stonature, l'aveva coperta di effetti con la macchinetta.
A me il risultato piaceva un casino, e scrissi nel foglio che assolutamente il brano era perfetto così com'era, non bisognava cambiare una virgola e la voce doveva rimanere quella.
Così fecero anche tutti gli altri.
Ai posteri l'ardua sentenza.
Solo con la nona ed ultima traccia, però, si toccava il vero delirio: nasceva da un'ispirazione schizofrenica (quindi venerazione!), cioè creare la canzone il cui ritornello è
"TANTI AUGURI A TE".
Infatti, sostengono gli Elii e voi non siete nessuno per dire il contrario, quando si canta
"tanti auguri a te" in realtà si canta un ritornello. Ebbene, Elio e le Storie Tese avevano scritto le strofe.
Il tutto era condito di citazioni classiche e roba strana in tedesco. Il pezzo andava sicuramente ancora amalgamato, perché era talmente sconnesso che non si riusciva a seguirlo, ma l'idea era ottima.
"Ma le altre voci che abbiamo sentito erano di Savino e della Cortellesi, vero?" chiese l'anale Pelodia.
"Tu dopo vai con lui nello stanzino dei morti!"
"Lui" ovviamente era Grumo, sarebbe stata una sepoltura alluvionale.
Gli Elii ci chiesero quindi di votare i tre brani che avremmo preferito sentire nel disco.
Senza esitazione, confermai
"Un dito nel culto",
"Shpalman" e "
La merda di cane", aggiungendo che anche nelle altre coglievo potenzialità enormi, ma i testi andavano comunque rielaborati.
Delle mie idee avrebbero fatto cloaca, dei miei consigli giaciglio per scrofe, ma in fondo anche questo è amore.
I DUBBI
All'uscita un dubbio ci assalì: Rese.
Che fine aveva fatto?
Una telefonata poteva risolvere molti dubbi, soprattutto visto che il suo telefonino finalmente era acceso.
"Ciao Rese, dove sei?"
"Sono nella VIA PRINCIPALE di Milano, sto arrivando!"
Strana persona.
Anche Sanfru ci richiamò, per sapere com'era andata e com'erano i pezzi.
Subito gli passai l'anale Pelodia.
"Aspetta! - obiettò - Ti passo uno che ha due occhi blu profondi come il suo sito!"
E gli passò Max Kava.
"Sanfru, qui dicono tutti che hai la barba! Ma è vero?" chiese Max Kava.
"SÌ!!! CE L'HO FATTA!!!" rispose Sanfru, fiero ed entusiasta.
L'essenziale è raggiungere dei traguardi, nella vita, mica come voialtri con la pheega.
Anche Gnapppo voleva raggiungere il suo obiettivo: farsi una foto mentre teneva in mano il cancello aperto.
Solo che... c'era un problema: il cancello si era chiuso.
La coproformica non si fece intimidire, ormai era esperto, nulla poteva fargli più paura, il mondo dei portoni delle porte e dei cancelli era suo dominio assoluto, una radiosa carriera da portinaio gli si stagliava davanti: aveva capito che, per aprire il cancello, bastava premere il pulsante che c'era di fianco... e spingere.
"GUARDATEMI, ORA SO APRIRE IL CANCELLO!!!"
Gnapppo premette il pulsante e poi, con fare sicuro, spinse il cancello.
Che però rimase chiuso.
"Acc... il pulsante non va più... magari, una volta che siamo usciti, l'hanno staccato... e va be', pazienza!"
Pochi minuti più tardi, arrivò un tizio, suonò, spinse il cancello ed entrò senza problemi.
Ci guardammo in faccia e ci accorgemmo che Gnapppo stava spingendo il cancello dalla parte sbagliata.
Sono cose che fanno pensare.
THE END
Invertimmo la rotta verso la base, canticchiando Shpalman e ascoltando il Favone Grassone che pontificava su improbabili citazioni metricostilistiche di ogni singolo brano, da lui già divinizzato come la massima vetta del rock.
Le nostre tane ci aspettavano, così come le mille domande degli handicappati sul nuovo disco, così come l'unica nostra risposta, ovvero un cordiale, sincero ed inequivocabile vaffankulo.
(Tnx Pelodia per i cenni autobiografici)