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Elio e le Storie Tese live al Salone della Musica del Lingotto (TO) - 11 Settembre 1998

Il Lingotto di Torino è un enorme quanto orrendo palazzone rettangolare usato all'inizio del secolo come costipatoio per gli operai della FIAT.
A pochi mesi dalla sua nascita, doveva già suscitare orrore persino alle case popolari che, loro malgrado, ci si specchiavano dall'altro lato della strada. Lungo, piatto, squadrato e condannato all'annerimento perenne da parte dello smog autogenerato e dal fetore perpetuo della stazione merci a cui è adiacente, incarna con maestria e voluttà la sintesi di un calcio nel culo architettonico.

A causa di tutte queste sue caratteristiche, con il passare degli anni le varie giunte comunali hanno deciso che doveva diventare il simbolo di Torino, elargendo fior di miliardi agli architetti più idioti e idolatrati del mondo perché ci facessero dentro un palazzo congressi ed il Salone del Libro.
Da cosa nasce cosa, e così i cervelloni riuniti decisero che sul tetto ci sarebbe stata a pennello anche una pista per le macchine FIAT, che tanto anche se volavano di sotto pazienza, mentre il piano inferiore era idoneo per ospitare un auditorium per concerti, in modo da coprire il rumore delle macchine sul tetto: nasceva così il Salone della Musica di Torino.

Nonostante il cazzo che ho da fare tutto il giorno, non avevo mai trovato l'occasione giusta per sentire un concerto al Lingotto; un vero peccato, perché solitamente ci fanno la musica classica che mi fa liquefare i coglioni.
Però tutti mi dicevano: "Cazzo minchia porca troia, cioè ci devi troppo andare che minchia porca troia cioè cazzo si sente troppo da Dio, cioè minchia troia porca cazzo!"
Non avrei potuto resistere a lungo a simili argomentazioni e così, saputo che persino il grande Elione ci si sarebbe traslato, e soprattutto c'era un ottimo rapporto qualià prezzo (esatto: GRATIS!), decisi che era giunta l'ora di fare un sopralluogo.

Con me i fidi compari Jena il rollatore, Attila il flagello di Dio e Lyde il cachì. Tra i vari pacchi da segnalare una menzione d'onore a Niger il muto, rimasto chiuso con la chiave nel cesso, ed a quel sucaminchia di Fra, che il concerto l'aveva già visto una volta a Collegno e gli era bastato per sempre.
CHI BEN COMINCIA...
Per una volta eravamo arrivati quasi in orario. Nessuno di noi era stato al Lingotto prima, e l'interno si rivelò ben presto essere un labirinto. Probabilmente l'avevano costruito così perché gli operai non trovassero mai la via di casa.

Quella sera c'era una specie di manifestazione sportiva e la cosa non poteva che incutermi un sacro timore, essendo lo sport uno dei miei principali tabù insieme ai dentisti ed al lavoro. Fortunatamente non occorreva superare nessuna competizione agonistica per accedere al luogo del concerto, se si eccettua la maratona di qualche chilometro per trovare la porta d'ingresso. In compenso trovammo anche una coda fottuta e, una volta entrati dentro, constatammo che metà sala era già piena.

L'ambiente era comunque molto accogliente, trattavasi di uno stanzone squallido probabilmente concepito come garage per TIR Iveco, che solo per quella sera era stato promosso a stalla per handicappati. Una carriera niente male.

Attila e Jena il rollatore decisero di provare ad andare davanti, ma vennero massacrati a quattro file dal palco. Non avremmo avuto più notizie di loro fino alla fine del concerto.
Lyde ed io decidemmo invece di fiondarci un po' più lontano dalla calca. Le premesse sui sensi che avrebbero percepito qualcosa del concerto erano a dir poco catastrofiche, tuttavia ero proprio curioso di assaporare il tanto decantato audio del Lingotto.
IL CONCERTONE
Finalmente gli Elii arrivarono sul palco.
Inizio a sorpresa, LA VENDETTA DEL FANTASMA FORMAGGINO: era tutto drammaticamente uguale alle altre date, ma stavolta non si sentiva un cazzo.
Finalmente lo potevo dire: Lingotto, lingotto, vaffanculo.

Come se non bastasse, Elio era anche un po' raffreddato e giù di voce.
"Vorrei vedere i Litfiba se cantano con l'influenza!" diceva di tanto in tanto, tirando i suoi fazzoletti usati sul pubblico che se li contendeva come sacre reliquie. Esauriti i fazzoletti iniziò a sputare, per essere sicuro che i batteri proliferassero nel mondo giovane e rock.

La scaletta era in effetti la solita: prima la fase un po' così, con PIPPPERO e BORN TO BE ABRAMO, poi l'orgasmo musicale globale totale di L'ETERNA LOTTA TRA IL BENE E IL MALE e della mitica ESSERE DONNA OGGI. Amo quella canzone.

La voce di Elio raffreddato era parecchio strana: quando cantava era vicino ai normali splendori, invece quando parlava era monnezza. Misteri dell'otorinolaringoiatria.

Nei pezzi in cui c'era da parlare un po' più veloce o sparare note alte, come NÉ CARNE NÉ PESCE, fu provvidenziale il Feiez, in ottima forma vocale, per la gioia di Elione.
Sull'acuto finale, che Feiez fece come sempre da Dio: "Yes I'm lonely, lonely like a Peeeeesceeeee!", Elio sembrò addirittura godere; era un misto tra l'estasi suprema e la gratitudine infinita, ma sempre con un pizzico di stupore, tipo: "Quando tutto va in merda, tu ci sei e mi salvi, amico mio, grande!!!".
Boh, ce l'hai lì da 10 anni, io avrei fatto cantare direttamente lui e vaffankulo.

Comunque, il concerto sembrava imbalsamaticamente uguale ai precedenti, infatti ci stavamo giusto leggermente scassando uno zinzinello di minchia. Invece era in arrivo la prima sorpresa: CATALOGNA!
Devo dire che dal vivo rende proprio bene.

Bella anche ALFIERI, seguita dal lungo assolo di Feiez e Christian Meyer e dalla sempre mitica EL PUBE, che scatenò le velleità danzerecce del pubblico rock.

Tutti ballavano sui ritmi caraibici muovendosi come se fosse trash punk. Tutti tranne due tizi, forse sudamericani, che si spostarono in un punto in cui non c'era nessuno e si misero a ballare la vera salsa. Erano anche parecchio bravi, cazzo!
Infatti, arrivarono subito tre o quattro bisonti della security per congratularsi con loro: li trascinarono fuori e li fecero ritornare solo dopo dieci minuti, senza curarsi del fatto che la gente al grido di "Fascisti di merda!" li stava per linciare.

Per un po' ho temuto che succedesse il peggio. Cioè, non che mi dispiacesse assistere ad un pestaggio selvaggio in diretta, ma il problema era che io mi trovavo esattamente in mezzo. Invece i gorilloni decisero saggiamente di andarsene e sul pubblico rock tornò il sereno.

Intanto lo spettacolo continuava secondo la tradizione con JOHN HOLMES, SERVI DELLA GLEBA e SUPERGIOVANE (sempre col finale ZOOMA ZOOMA BACCALÀ, che ormai ben conoscevamo). Poi gli assoli, la progressiva MILZA e TAPPARELLA.

E, si sa, chiusa la Tapparella c'è il nulla.
Un po' prematuro rispetto alle tre ore a cui ormai eravamo abituati, ma probabilmente inevitabile, visto che Elio stava inesorabilmente cavalcando verso il coma.

E così i nostri eroi ci salutarono con il consueto inchino sulle note di I MIGLIORI ANNI DELLA NOSTRA VITA.
"I migliori anni della LORO vita! - pensavo - Il 1998 per la mia vita è un anno di merda!!!" mentre con Lyde cercavo di recuperare ciò che rimaneva degli organi di Attila e Jena il rollatore.

"Un grazie alle Fave!" fu l'ultimo gemito di Elio.
Fave, fave, ancora fave. A furia di insistere mi aveva quasi convinto.

"Allora, che ne pensate?" chiesi ai due giovani smarriti, ritrovati in aspetto postapocalittico all'uscita.
"Minghia Marok, sei UGUALE A MANGONI!!!"

È sempre così, si fumano l'impossibile quando meno te l'aspetti e, soprattutto, non ti chiamano mai.
In compenso il viaggio di ritorno sarebbe stata un'avventura indimenticabile, ma questo non ci impedì, una volta sani e salvi, di mandarci tutti quanti ancora una volta gioiosamente ed improrogabilmente affanculo.

PS: Ho scritto questa recensione completamente a memoria, ma TU hai la registrazione di questo concerto?
Dammela e ti shpalmerò di COSA vorrai DOVE vorrai!!!