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Baseball Day... Il trionfo della zanzara!

"Purilla, per la foto di Elione
ha finalmente infilato
il piede in bocca a Favone
che con lucidità ha sborrato"

Coglierto dixit
E fu con queste parole di Coglierto che il telefonino salutò la stanca alba dell'ultimo giorno.
Metricamente incerto, ma, indiscutibilmente, romantico.

L'ordine tassativo era "sveglia alle otto", ma alle ore nove l'unico segno di vita Risveglio era il melodioso respiro di Verdemela, che scandiva pigro quell'eternità che si frappone tra la scoperta della luce e l'interminabile viaggio tra il letto e il pavimento.

Eh sì, tutto il mondo ancora si cullava tra le dorate braccia di Morfeo, tutti tranne quel disperato di Rese che, puntualissimo, ci aspettava sotto l'albergo a motore acceso, pronto per la fuga. Da tenere presente, per il prossimo colpo in banca.

Visto il tempo stupendo, e visto che a Milano il baseball day sarebbe iniziato solo nel tardo pomeriggio, proposi un ultimo tuffo prima di partire.
Il risultato fu un corale vaffanculo e un'attesa di un paio d'ore sull'asfalto davanti al portone dell'albergo, allietata dai teneri messaggi dell'amico Coglierto:

"Me mi piace masturbarmi
e non ho in testa altri grilli,
perciò sburro in abbondanza
mentre penso alla Ferilli".


Fu l'unica oasi di spensierata deficienza nella malinconica aria della sonnacchiosa mattina. Tutto sembrava ormai lontano, il mare, la musica, la birra, l'amore... era il giorno del ritorno, e iniziava il viaggio verso l'afa del profondo nord. Ogni I rifornimentielemento del paesaggio come un miraggio nel deserto riportava alla mente le ore di piacere che ci lasciavamo alle spalle, un indefinito temporale scandito con cronometrica precisione dai messaggi dell'amico Coglierto.

Non so come avremmo fatto se ogni cinque minuti non ci avesse tenuto aggiornati via sms sulla situazione autostradale e sugli insondabili abissi dell'handicap umano... saremmo diventati normali? Avremmo trombato?
Non esageriamo, eravamo pur sempre Fave.

"Vi salutano con gioia
i vostri cari culi rotti
e tremando dalla foia
se ne sborrano a gran fiotti"

In compenso Milano ci aveva accolto a braccia aperte.
Milano - una strada Era veramente una città da bere, certo, a patto di essere pazzescamente golosi di catrame liquefatto.

Il sole a picco, l'afa e la puzza di benzina avevano stimolato in noi la voglia di qualcosa di buono, così decidemmo di porre fine alle sofferenze delle nostre interiora e ci inoltrammo ghiotti nel tempio della buona cucina, un Mc Donald's della peggiore periferia milanese.
Nel tavolo a fianco, un gruppo di piccioni aggrediva famelico gli avanzi di clienti Avvoltoi al Mc Donald's ormai scomparsi.

"Guardate! - ci diceva Duccio - Sono come avvoltoi, mangiano i cadaveri, dopo che se ne sono andati!"

Fu un bel momento, così come fu bello arrivare al Campo Kennedy e constatare come la temperatura sfiorasse i quaranta gradi all'ombra. E non c'era ombra.
QUELLI CHE ASPETTANO IL BASEBALL DAY
A dirla tutta, al Kennedy non c'era neanche vita. Intorno a noi solo il deserto, e, seminascosta, la figura di un bassista a torso nudo.

"Ciao ragazzi! - disse Faso - siete venuti a darci una mano?"
"Mah... ehm... dunque... veramente..."
"Bravi!!! Appendete i cartelloni!"


L'unico entusiasta fu il Favone, che, al richiamo del bassista, era scattato sull'attenti battendo i tacchi, senza ricordarsi che stava calzando le mitiche Tepa modello Supergiovane. Il risultato fu un misero quanto imbarazzante "Plapp!!!".
Fu più o meno il rumore prodotto dal nostro intestino quando ci accorgemmo che, per "cartelloni", il chitarrista basso intendeva delle cose alte un metro e larghe dieci da legare in cima a una rete dalla parte opposta del campo.
Di tutti noi, l'unico in grado di prendere in mano una corda e ricavarne un nodo era il fido amico Coglierto, così affibiammo tutto il lavoro a lui e gli passeggiammo intorno fischiettando.

In breve tempo, una piccola folla si radunò ad osservarlo arrampicarsi sulla rete per legare i cartelloni con la grazia di uno scimpanzé e l'agilità di un mammuth, così gli operai gli chiesero: "Ehi! Ma sei un professionista?"
"Sì, faccio il consulente finanziario..."
"Ah... -
rispose uno di loro - lo facevo anch'io, poi mi hanno beccato e ho smesso".

Dovendo in qualche modo motivare la loro paga giornaliera, gli addetti al settore obbligarono Coglierto a rifare il lavoro una decina di volte e poi, visto che non avevano più nulla che lo tenesse occupato, lo consegnarono a degli americani in cerca di schiavitù a buon mercato.
"Ottimo!" pensammo. L'idea ci divertiva.

Finché gli anglofoni non coinvolsero anche me e il Favone Grassone.

"Tu e tu come with me!"
"Ma... noi veramente... siamo allergici... al lavoro..."
"SO FUCKING WHAT??????"


Rassegnati, ci incamminammo verso un tendone da dove avremmo dovuto scaricare e far rotolare sul prato antistante una cosa che aveva volume, consistenza e peso di un piccolo capodoglio.
Il Favone, dopo aver recuperato con circospezione la sua ernia ed essendo sudato come un maratoneta con la coperta elettrica, aveva considerato la necessità di sparire. Non volendo contraddire la sua autorità, pochi secondi dopo ci ritrovammo con tre birre in mano sotto il fresco delle vicine piante in compagnia di Elione e delle altre fave, che avevano operato la nostra medesima strategia.
Solo, con una mezz'oretta d'anticipo.

La vena poetica di Coglierto, nel frattempo, era esplosa.

"Non son Tarzan nè Orzowey,
non son Superman nè Zorro,
già però ti scoperei,
ma mi tocco e dopo sborro".

"Perbacco! Alti livelli!" commentò il cantante Elio, allontanandosi schifato.

L'ozio sembrava avere la meglio, quando ad un tratto il Favone Grassone Evviva l'Amore!!! cominciò a guaire forte e a dimenarsi, incrementando l'afflusso del suo sudore del novanta per cento. Era forse in arrivo qualche personaggio particolare?

Voltandoci, vedemmo la bella Paola Cortellesi, in compagnia di Andrea Pezzi, Alex Baroni, Neffa e Christian Meyer, e la grassa sagoma di un uomo pelato che, al grido di "èpaolapaolapaolapaola iofotoiofotoiofotofotofotofotoioio", si avventava contro l'intimorita attrice avvolgendola nel suo corpo unto, fetido e appiccicoso.

Marok e Favone a STUDIO APERTO Per non perdere i posti (l'esperienza insegna!), ci congedammo dal fresco boschetto vip e ci insediammo nelle tribune, dove una telecamera di Studio Aperto ci mandò tragicamente in onda mentre tentavamo di cantare "Cara ti amo", sotto gli occhi allibiti di Sergio Messina e Zulu dei 99 Posse, che avevano avuto la malaugurata idea di sedersi dietro di noi.

Intanto gli Elii stavano insegnando il baseball a Paola Cortellesi.
Dopo la quinta palla mancata, dagli spalti iniziarono i cori: "Magica Trippy, con il Pubblico rock: Favone e Coglierto tuo sorriso chissà dove arriverai?".
"A colpire la pallina!" rispose prontamente Paola.

L'invocazione non funzionò, ma nessuno di noi avrebbe saputo fare di meglio.
Quindi, ci limitammo a commentare le dissaventure con la pallina col garbo, l'educazione, l'umiltà e la voce di "Alfonso 2000".

A dispetto delle apparenze, nel frattempo, il burbero, energico e irascibile Zulu, Marok, Sergio Messina e la CicalonaZulu dei 99 Posse si rivelò un adorabile vicino: anche lui ci diede una mano a prosciugare l'eccezionale vinello Cannellino che la Cicalona aveva portato da Roma come prezioso regalo per Sergio Messina... e, di conseguenza, divenne allegro.
Quindi, decise di cimentarsi come battitore.

"Spaccherai la pallina?" gli chiese Faso.
"La spaccherò come allenamento per Genova!".

Un messaggio carico di amore e speranza per il futuro.

Nel frattempo, arrivarono anche le fave milanesi, Wizard, Scumio e... a grande sorpresa... il protobatterista degli Elio e le Storie Tese, sua santità Zuffellato e l'AutanZuffellato! Vistosi al centro delle attenzioni di una decina di fave maniache, esclamò esultante: "Alèèèèèè ragazzi!!! Mi emozionate troppo, cazzo! Mi sciolgo in una molecola d'acido!".
E poi? Iniziò improvvisamente a suonare a tempo? No, niente. Però fu divertente.

Ben presto, il piccolo chimico che era in tutti noi avrebbe accantonato l'acido, l'alcool e ogni tipo di droga, adottando ad unico oggetto del proprio desiderio il poderoso flacone di "Autan Ultra" del Favone Grassone: nel corso di pochi minuti ci ritrovammo interalmente avvolti in una densa nuvola di fameliche zanzare.

"Marok - mi disse la Cicalona - Noi andiamo a prendere da mangiare, vieni?"
"Eh, però poi ci ciulano i posti..."
"Va be', dai, ti prendiamo qualcosa noi..."


Mollai dieci carte alla bella Cicalona, che partì per il chioschetto della felicità, seguita a razzo da tutte le altre fave che, girandosi verso me e Coglierto ci dissero: "Oh, però tenete i posti eh!"

E fu così che io e l'amico Coglierto rimanemmo UN PAIO D'ORE a scaldare il cemento delle gradinate.
Unico diversivo, a parte le zanzare, i messaggi di Coglierto alla nostra giovane compagna Purilla, che stava romanticamente contemplando Ramazzotti live nella Capitale.

"Tu che guardi Ramazzotti
e ti sembra di volare,
noi siam tutti qua barzotti
e su te vorrem sburare"

Laddove la metrica era un'opinione e la poesia una licenza, l'appetito divenne fame. Così, due ore esatte dopo la frase: "Va be', dai, ti prendiamo qualcosa noi!" iniziai a pensare alle mie dieci carte e all'uso che le giovani donne potevano averne fatto.
Incuriosito, provai a telefonare alla Cica per avere aggiornamenti sullo stato del mio panino.

"Ah, non lo so, l'ho dato a Lees@!"
"Ah... e Lees@ dov'è?"
"Boh!"


Altra telefonata.

"Pronto Lees@, hai tu il mio panino?"
"Ma dai! Era tuo?"
"Eh... forse..."
"Ma dove siete?"
"Ma... Lees@... siamo qua... vi stiamo tenendo i posti... da due ore..."


Risate di giovane donna e poi il nulla.

Verso le nove, finalmente, il Favone ci recapitò una cosa informe che mi fidai essere cibo.

"Ma c'era così tanta coda?" azzardai.
"Ah ah ah! No no, siamo rimasti due ore con gli elii!"

E fu solo per gentile concessione di quel brav'uomo di Sergio Messina che riuscimmo ad avere un paio di birre fresche, visto che i buttafuori intercedevano ai non vip l'accesso con generi liquidi, indubbio simbolo del peccato.
VIA!
Alle undici meno un quarto, finalmente lo show ebbe inizio.

"Possiamo suonare poco! - annunciò Elio - Perché Pubblico Rock c'è l'ospedale vicino!"

Iniziare prima pareva brutto.

Ottima l'acustica (contro ogni previsione, in un posto del genere!) e bello l'immenso palco che, virtualmente, si estendeva per tutto il campo da gioco: era un'immensa tovaglia verde che dava modo a Mangoni di apparecchiare le sue cazzate per tutto lo stadio, nonché di arrampicarsi sulla rete e farla vacillare, con la sua grazia da pachiderma claudicante, però sempre sexy.
Per il resto, il concerto fu una precisa fotocopia degli altri dieci che avevamo visto nei giorni passati, solo con parecchi pezzi in meno: a mezzanotte doveva essere tutto finito.

Bello l'inizio con l'armonicista pazzo, seguito da "Cassonetto" e dalla "Vendetta del Fantasma Formaggino", che, per carità, è sempre bella!
Però, nel sentire per il terzo anno di fila l'identica successione "Discomusic" - "Caro2000" - "Milza", molte fave, tra cui il sottoscritto, iniziarono a manifestare seri istinti omicidi.
Unica ventata di novità i due brani "Silos" e "Uomini col Borsello", con l'ottimo assolo finale del Civas alla "Let it be", a cui facevano eco le frizzanti frecciate di "Cara Ti Amo" contro il Festival della Musica che si teneva quella stessa sera a piazza Duomo.

Fu un atto di preveggenza, dato che il servizio di Studio Aperto avrebbe commentato: "Mentre Elio gioca a baseball, al Festival Della musica di Piazza Duomo altri cantanti fanno il loro mestiere".
"Altri cantanti" sarebbero le Lollipop.

Notevole anche il finale con "Largo al Factotum", "SupergiovaneSupergiovane" e "Casa delle Libertà", che sollevò l'entusiasmo del pubblico rock!
O, almeno, di quello che ne rimaneva, dopo le incursioni della contraerea animale.

"Ringraziamo il comune per non aver eliminato neanche una zanzara - commentò il cantante Elio, congendandosi scappando dal palco, inseguito da uno sciame di famelici insetti - Quelle poche eliminate ce le siamo uccise noi!"

Dura la vita dell'artista.
BACKSTAGE
Il backstage durò praticamente un cazzo. Sebbene ci fosse chi si sapeva divertire, le zanzare, entrando sotto i vestiti, stavano velocemente mutilando gli organi di molti di noi, Elii compresi.

Facemmo appena in tempo a scattare qualche Coglierto, Marco Santin, Marok, Paola Cortellesifoto con Marco Santin e la Cortellesi, perennemente braccata dal Favone Grassone, poi fummo costretti a salutarci e rintanarci in albergo, mentre Rese decise di partire in macchina per Genova, tanto al massimo si schiantava, e il giovane Shan decise di adottare ogni stratagemma per preservare la sua verginità.

E va be', ormai tutto era finito e il gruppo di giovani fave, spolpate dalle zanzare, tornò mestamente alle proprie vitacce di merda, chi a vendere "il Biellese" in edicola, chi a lavorare otto ore al giorno per il Berluska, chi a spalare merda in campagna, chi a fare un benemerito cazzo tutto il giorno.

Il sole, il mare e l'amore sembravano ricordi ormai lontani, ma anche la più amara malinconia era destinata a scomparire di fronte all'ultimo commento del grande batterista Meyer, che, fermando la macchina davanti alla nostra e riferendosi alla bella Paola, ci strizzò l'occhio esclamando: "Bella figa, eh?".
A poca distanza, il Favone emetteva suoni, non meglio identificati.
Evviva l'handicap, evviva l'amore.
Fankulo tutti.