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Afterhour a Montecarlo e Nizza - Fave ignoranti al Casinò

Elio soddisfatto "Fave news: Elio è rimasto chiuso fuori dall'albergo fino alle ore 7 ah ah ah"

Fu questo bel messaggino dell'amico Coglierto ad allietare la fine di una lunga notte, per entrambi drammaticamente insonne.
"Sì sì, lo so che russo! - ci avrebbe detto donna Mela con l'aria più innocente del mondo - Russo sempre quando sono raffreddata!"
A Coglierto non era andata meglio: il Favone, rimpinzato di farinata di ceci, non si limitava a terrificanti disturbi acustici ma arrivava a sfidare tutti i sensi dell'essere umano, compresi quelli non ancora riconosciuti dalla scienza ufficiale.

Ma c'era chi se l'era passata ancora peggio.
"Con tutta sta gente che mi sta intorno... - mormarava Elio con lo sguardo perso nel vuoto - non uno... che aprisse... la porta...".
Elio aveva passato tutta la notte chiuso fuori dall'albergo, nella notte più fredda che Laigueglia ricordi. Solo l'inopportuna risata in stile Simpsons del Favone separò le Fave dall'esausto cantante, la cui insonnia forzata non faceva che accomunare i nostri destini.
L'ATTIMO
Cos'è l'attimo?
È la frazione di secondo che ha generato il Big Bang, è l'eternità che separa il vincitore dall'eterno secondo, è l'infinitesima unità di tempo che separa il "Me la dai?" dal due di picche, o è l'intervallo tra il "tutti al seminario di chissàchicazzo!" del Favone Grassone e il nostro corale vaffanculo.
"Bleah... LE FAVE IGNORANTI!" bofonchiava il corpulento personaggio allontanandosi e trascinando con sé l'amico Coglierto, mentre Mumble scompariva con due tipe etrusche e noi arenavamo la poltiglia dei nostri corpi unti e sudati sulla più vicina spiaggia di Laigueglia.
HANDICAP BAYWATCH
La spiaggia.
È così che gli autoctoni chiamavano quel centimetro di sabbia che separava la strada dal mare e il mare dal mondo. Lì il termine figa stava ad indicare un incidentale stato biologico e al suo interno la vita si esprimeva nelle forme più strane: Rese e Manu. Il favo zozzone "Manu! Alla fine dove hai dormito ieri?"
"Eh... non ho dormito..."
"Come non hai dormito?"
"No, non avevo sonno..."
Nell'ascoltare le sue peripezie e i suoi vagabondaggi notturni ci rendemmo conto che quella notte, a parte la Mela e il Favone Grassone, nessuno aveva realmente dormito. Suicidio alternativo Contemplammo così il giovane sozzo mentre si smutandava in spiaggia, il giovane Rese mentre sperimentava nuovi metodi di suicidio e, soddisfatti, improvvisammo una sana partita di pallone.
"Se poi mi arriva in testa uno se ne può accorgere!" urlò una squilibrata dietro di noi.
La partita lasciò spazio alla contemplazione del fantomatico terzo capezzolo di Rese e alla fuga in acqua della Cicalona e della Mela ("almeno così non ci si può fotografare"), finché, quando era ora di prendere i posti a sedere, ce ne tornammo in albergo, appena in tempo per incontrare il Favone Grassone che ci saturava con le paranoie e Coglierto che ci raccontava di una new entry nella compagnia.
Trattavasi di un'amica della Purilla, detta Donna-Format. Il nome, coniato dall'amico Coglierto, derivava da uno stato particolare di coscienza assimilabile a quello di un pc senza sistema operativo, però col bios sputtanato; in altre parole, un particolarissimo caso di essere con il cranio di osso pieno.
Si preannunciava una serata entusiasmante.
IL FUOCO DELLA PASSIONE
"Ho un certo qual fastidio colà" aveva detto il Favone prima di lasciarci e chiudersi in camera.
La notizia aleggiò nell'aria priva di significato, finché, da dietro la porta del bagno, un muggito roco e inquietante preannunciò l'imminente dramma umano. La vita sregolata, la birra, ma soprattutto le farinate pepatissime delle quali già da tre giorni stava abusando, presentavano impietosamente il loro conto, un conto di fuoco.
Il Favone, uscito dal bagno coi segni della tragedia dipinti sul volto, aveva avuto immediatamente una brillante idea: la crema solare. Gioie e dolori "Vaffanculo, se va bene fuori va bene anche dentro!".
La crema solare. Quella cosa che conteneva alcool a novanta gradi. L'amico Coglierto osservò allibito il piccolo chimico mentre, umettate le dita di crema, si accarezzava con maestria e voluttà la parte offesa, emetteva il grido del tirannosauro che non vuole essere macellato e si immergeva nel cesso, pronto a condividere con la ceramica il resto della sua emozionante giornata.
Lo rincontrammo in piazza a tarda sera.
"Ah, le fave ignoranti! Che schifo, tutto il giorno in spiaggia!"
"Mmmm... tu che hai fatto oggi?"
Seguirono lunghi minuti di imbarazzato silenzio.
LA FUENTE DEL RITMO
In programma per quella serata un'esibizione di Giovanni Hidalgo con Marco Fadda e Giorgio Palombino. Fu superfluo osservare come tutti i posti a sedere fossero occupati, così come i posti del bar dell'altra sera. Ci appollaiammo dietro a una transenna oltre la piazza e attendemmo che lì si compiesse il nostro destino.
L'unica cosa che ci consolava era la distanza superiore ai cinquanta metri tra noi e l'avvenente compagnia del favone grassone, che oltre a Purilla e all'anencefala Donna-Format era riuscito anche a reclutare una certa Minni, che Coglierto ci aveva descritto con "la presenza di spirito di una pianta grassa, il carisma di un fermaporte e un corpo che stimola l'omosessualità". Al fuoco! "Ehi, il palco va a fuoco!" urlò il Capo sgomento. Fu arduo convincerlo che il fuoco veniva da un falò sul molo, in ogni caso l'effetto era davvero bello, così come quel po' di concerto che si riusciva a percepire dalla nostra illuminata postazione.
E va be', visto che "un m'arrivava nulla" decisi di andare a fare un giro per il budello, incontrando le ultime due persone che mi sarei aspettato di incontrare: Laura e la piccola Jeanne (vedi recensione dei Subsonica o Pasqua a Exilles). "Oh, Marok, ma hai visto che casino?" "Eh sì... c'è il PercFest..." "Il che?"
È sempre bello quando riesci a incontrare qualcuno più ignorante di te.
Con il consueto "Dai, dopo ci becchiamo!" che preludeva all'imminente pacco, le fanciulle se ne andarono abbandonandomi al mio triste destino, così ritornai alla nostra postazione strategica dalla quale nemmeno il metro e novanta del Capo, posto su una sedia, riusciva a scorgere alcunché.
E si era fatta mezzanotte.
"Perché non ce ne andiamo a Montecarlo?"
Le fave non eleggono a caso il loro Capo, è da proposte come queste che si riconoscono i veri uomini, così, un quarto d'ora dopo, eravamo già in viaggio verso il Principato, con le uniche defezioni di Lees@, Mumble e del Favone Grassone, che ci aveva lasciato con un commento lapidario ed autorevole: "Banda d' piciu!"
Le fave e il tunnel VERSO L'IGNOTO
L'arrivo a Montecarlo ci vide già in stato precomatoso, solo l'entrata nel circuito del Grand Prix pose un lieve freno all'avanzare del nostro biodegrado, risollevando gli umori delle fave più assonnate.
"E ora... tutti al casinò!"
Arale, che quell'anno aveva compiuto quindici anni per il terzo anno di fila, ci guardò con gli occhi sbarrati: "Ma io... sono minorenne..."
Al grido di "chi se ne fotte al massimo rimani fuori!" facemmo per entrare, quando il blasonato buttafuori ci bloccò. "E voi quanti anni avete?"
Si era rivolto alle persone giuste: la Mela e Shan.
"Eh..., ventidue appena compiuti!" risposero lusingati. Il test di ingresso era superato, potemmo finalmente entrare.
Le fave e il casinò FAVE IGNORANTI AL CASINÒ
L'interno del casinò ricordava molto Missione Campione, il vuoto nei nostri portafogli ricordava molto le cinquanta carte che stavamo buttando nel cesso e le vecchie porche che smenavano milioni ricordavano che l'umanità è concime.
La Cicalona iniziò a sedurre la roulette elettronica, che prontamente la ricambiò regalandole un allegro malloppo di valuta francese; commossa, la bella Cic decise di dividere la sua fortuna con i suoi compagni di viaggio, mandando a ciascuno di noi l'immagine scannerizzata di una moneta da dieci franchi. Montecarlo - Una strada E si erano fatte le cinque.
Il Capo ci disse che prima di uscire da Montecarlo voleva farsi in macchina tutto il circuito almeno una volta. Dopo il quarto o il quinto giro riuscimmo finalmente a trovare l'uscita e il Capo ci disse con fare sicuro: "Toh, sta finendo la benzina!"
Farla a Montecarlo pareva brutto, in compenso in autostrada non c'erano distributori, così, arrivati alle porte di Nizza, il Capo ci disse: "Toh, dobbiamo fermarci, è finita la benzina!"

Arale prese la situazione in pugno e ci disse che ci avrebbe portati in un bel posto. Posteggiammo di fronte ad un distributore chiuso (aprivano tutti alle otto) e ce ne andammo a fare un giro per Nizza.
AFTER A NIZZA
Il centro storico era praticamente deserto. Del resto erano anche I passatempi di Arale le sei del mattino.
In compenso l'unica persona incontrata fino ad allora era un tipo che tirava testate contro i muri, i cartelli e le serrande, inveendo in qualche lingua che assomigliava al francese. Fu un bel momento.
Dopo cinque minuti di cammino raggiungemmo finalmente il bel posto di Arale: era una piazza con al centro una grande fontana, dentro la quale sei tipi sguazzavano completamente ignudi esibendo al mondo i loro microscopico apparato genitale. In compenso l'unico che aveva i pantaloni si teneva le mani sulle palle.
Capimmo come passava le serate Arale e convenimmo che la ragazza si sapeva divertire. Merda de can L'esplorazione della cittadina fu in ogni caso molto istruttiva, il centro storico assomigliava ad un gigantesco centro sociale, i murales che tappezzavano ogni parete offrivano un lieto contrasto con le pozzanghere di dubbia natura che dissetavano gli angoli delle strade, le variopinte insegne dei negozi chiusi testimoniavano una realtà multietnica in cui gli errori di ortografia venivano applicati a qualunque lingua di questo pianeta, e le "MERDA DE CAN" che addobbavano le vetrine stuzzicavano le ghiotte curiosità del nostro malsano appetito.

"Vedi - mi diceva Emilio con voce soave - qua molte vie hanno il nome italiano. Si vede che la nostra cultura è rimasta..."
Bastò fargli osservare l'insegna Torrefazzione italianaTORREFAZZIONE ITALIANA perché ogni suo dubbio si estinse per sempre.

Ormai in quella città nulla ci poteva più stupire, nemmeno quelli che incrociavamo per strada alle sette del mattino con in mano casse di birra per iniziare la festa, eravamo ormai sicuri di avere trovato la nostra città ideale quando all'improvviso il volto di Shan si imbiancò. Teomondo Scrofolo "Noooooo!" iniziò a urlare terrorizzato
"Shan... che succede?"
"Là... su quella parete... è luuuuui... TEOMONDO SCROFOLO!!!!!!!"

La vista di un quadro del vecchio Teomondo, al di là dei vetri di una birreria, diede il colpo di grazia al nostro fragile equilibrio e ci portò a fare ritorno all'amico benzinaio, che ci avrebbe consentito di ritornare sani e salvi a casa.

Unica tappa, improvvisa, in mezzo all'autostrada. La Mela scese all'improvviso dalla macchina, si diresse verso di noi e disse: "Marok, mi dai gli occhiali da sole?" "Ma... non ce l'ho..." risposi timidamente... "E allora vaffankulo!"

L'ultimo vaffankulo era stato pronunciato, la serata poteva dirsi conclusa. Ci eclissammo in albergo appena in tempo per disilludere le donne pulenti che speravano di poterci fare la camera almeno quella mattina, ed abbassammo le palpebre sperando nascondessero le nostre vite al mondo.

La Mela ricominciò a russare, ero ancora su questo pianeta.
Purtroppo.