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Lo spirito della Primavera soffiava effluvi di nettare e ambrosia sull'incatramata melma del nostro paludoso destino, frattali d'esistenza strisciavano vermificati nella sarcastica attesa dell'ultimo capitolo di ciò che faceva le veci della nostra vita: era in arrivo la prima data dell'Eliotour 2002.
Avvenne così che due giovani corpi calamitarono il loro destino alla volta della patria dei tortellini, delle torri, di Taratatà e dei Lùnapop: la ridente Bologna.
E fu al confine tra Lombardia ed Emilia Romagna che il Favone Grassone si accorse che il livello dell'olio non era tra min e max, bensì tragicamente a zero. Non tutto il male viene per nuocere: solo la tappa forzata ad una stazione di servizio ci fece notare lo strano individuo di fronte a noi che, accortosi di non avere moneta, aveva pagato lasciando la giacca. Costumi locali.

Beppe Agrario CACCIA AL TESORO

Prendete l'autostrada per Bologna. Anche la Salerno-Reggio Calabria può fare al caso vostro, l'importante è che all'autogrill compriate i ciucciotti zuccherati, di cui siete ghiotti. Dopo aver attraversato Cesena - Forlì - Faenza - Imola - Castel San Pietro uscite a Bologna San Lazzaro. A questo punto prendete la tangenziale, che c'è sempre il traffico. La vostra uscita è quella chiamata Centro - Lame.

Così recitava l'autoctono tal Beppe Agrario sul newsgrup. E noi fedelmente contammo tre o quattro uscite che non si chiamavano San Lazzaro, finché capimmo che avevamo oltrepassato Bologna e da un pezzo. Solo allora il largo pilota affrontò con fare sicuro un ignaro casellante che, guardandoci come alieni, ci disse che eravamo talmente affanculo che qualunque direzione avessimo preso sarebbe stato lo stesso. Imboccammo un'uscita a caso, sicuri che tanto era quella sbagliata, e perseverammo fiduciosi con l'Agrario tour.

Beppe e Pelodia "A questo punto seguite l'uscita finché non arrivate a un semaforo. A questo punto dite "No, grazie, sono gia' puliti" oppure "No, guarda, non ho con me gli spicci!" e svoltate a sinistra. Proseguite sempre per questa strada (via Zanardi, come nel bel telefilm che tutti ricordiamo) incontrate un ponticello, un ipermercato (il centro Lame) alla vostra sinistra. Ma voi ve ne fregate. Sempre dritti e a questo punto c'è una specie di cunetta, che è il ponte di Via Zanardi... andate giù, passate sotto un cavalcavia, tornate su e contnuate sempre dritto, finché non arrivate a un semaforo che dà su una rotonda. Voi ve ne fregate e proseguite sempre dritti perché siete già arrivati al Paladozza"

Non fu un problema arrivare felici e contenti al Paladozza: era bastato leggere le istruzioni di Agrario alla lettera, e fare tutto l'esatto contrario.
PROUD TO BE FAVA
Come si distingue una FavaFave Club del nuovo millennio da una Fava del vecchio millennio?
Ma è semplice: la Fava del vecchio millennio nulla paga e liberamente accede al dietro le quinte, la Fava del nuovo millennio cala un rinnovo di 20 euro l'anno e dopo il concerto sente un leggero scalpiccio alle proprie spalle e poi piacere e solo piacere, ovvero se la prende piacevolmente nel culo e se ne torna a casa.

In compenso può vedere lo splendido soundcheck. Però su prenotazione. Certo, il soundcheck lo vedevano anche le Fave del vecchio millennio, però non prenotavano, nè pagavano, e avevano anche la Fanzine, e avevano anche i backstage, ma zitti voi non capite un cazzo.

Una volta al Paladozza, ansiosi di dare un senso a quelle 20 gocce del nostro sangue che navigavano ormai lontane, ci dedicammo alla ricerca della Bolbo, ovvero colei che ci doveva introdurre furtivamente nell'edificio. Eravamo un po' in anticipo e lei ancora non si vedeva, così pensammo bene di fottercene e addentrarci autonomamente nel Paladozza fischiettando.
L'atrio era vuoto, c'era solo un pirla che andava avanti e indietro con l'inequivocabile espressione della concavità elettroencefalografica.
La domanda sorse spontanea: "Ehi, sei fava?"
"Uh? Ehm... no... boh... ma tu sei quello che ha picchiato Elio al Night Express?"
Sono cose che fanno pensare...

In compagnia della non fava ci appollaiammo sugli spalti. Di fronte a noi i tecnici stavano montando gli strumenti, di fianco a noi, minaccioso, un gorillone della security.
"Voi che fate qua???"
"Siamo fave e da quest'anno abbiamo accesso ai soundcheck!"
"Che???"
"Siamo di blablabla, abbiamo appuntamento con Antani sparablinda la supercazzola tra un po' craccracriccrecr a destra..."
"Ah... ok... state pure..."

La non fava ci guardava con aria stupita.
"Se ti chiedono chi sei... - lo ammonivo - dì che sei Marco Della Guardia, che si è prenotato e non viene! Ma fai l'accento napoletano, altrimenti non ti credono."
Mentre l'anencefalo infiltrato andava avanti a ripetere con aria assente e partenopea: "Sono Marco Della Guardia!", un'altra anomalia genetica mi fece vibrare il telefonino. Altri non era se non il Pelodia: "Marok sukkia! Sono qua fuori e non mi fanno entrare!!!"

Il FavoneIl Favone Grassone prese la notizia con sincera commozione ("AHAHAHAH! SBORROH!"). D'altra parte io non mi potevo perdere lo spettacolo, così incredulo e divertito mi fiondai al portone, dove una folla di buttafuori schierata in assetto antisommossa circondava Pelodia e i suoi amici handicappati, considerati come potenziali terroristi islamici.
"Come mai non possono entrare?" sussurrai a uno della security.
"Nessuno può entrare durante le prove!"
"Capisco..." risposi con aria ammirata.

Dopo mezz'oretta arrivò la Bolbo, che sdoganò anche il gruppo degli sfigati. A sorpresa era con loro la nostra giovane amica Marzia (quella dell'mp3), ed un certo Poppo che girava per tutto il Paladozza con un microfono enorme con cui voleva registrare il concerto. Ogni volta che mi incrociava mi chiedeva dove se lo sarebbe dovuto mettere. Voi cosa avreste risposto?
SOUNDCHECK
Qualche minuto dopo gli elii salirono sul palco, scaturendo la base di un pezzo che mi ricordava qualcosa, ma non riuscivo a ricordare cosa. Solo dopo avrei capito perché: era inedito.
Fu allora che arrivarono le Fave Etrusche Elena e Szooma in tutto il loro splendore. Anche loro erano molto contente di vederci: Szooma mi offrì addirittura una bottiglia d'acqua in cambio del cd del concerto... sono cose che fanno pensare.

Gli Elii provarono l'inedito qualcosa come una decina di volte. Mentre Foffo rimproverava Faso per il basso eccessivamente "cicciardone", intorno al palco fioccavano i VIP, tra cui il rocker emiliano Graziano Romani. Già pregustavo qualche chicca in scaletta, quando la mia attenzione venne distolta da un lamentoso rantolo alle mie spalle. Non trattavasi di scalpiccio, bensì di Favone Grassone in stato di coma neurolettico e di una certa Paola che riprendeva le sue larghe vestigia con una telecamerina amatoriale. Ai confini dell'hard core.

Il buon Sergione sembrava più felice del solito, chissà quali misteri si nascondevano in casa Conforti!
Anche gli altri del gruppo erano di ottimo umore, contenti di tornare agli strumenti di piacere dopo mesi di astinenza forzata.
"Per me tra un po' ci fanno suonare!" azzardava qualcuno.
"No be', quello no, ma almeno non sarà come gli altri anni, quando al termine del soundcheck i buttafuori ci cacciavano fuori e finivamo in fondo alla fila..."
RAPPORTI UMANI
Finalmente alle sette e mezza, quando quelli del complessino stavano ancora provando, arrivarono i signori Paladozza e ci dissero di prendere il culo e traslocarlo fuori, in fondo alla coda. 20 euro di felicità, un container di amore passivo.

In compenso dalle retrovie avevo fatto in tempo a comprare da mangiare e da bere, svuotare lo zaino di fronte al caramba stronzo di turno che voleva assicurarsi che non ci fossero bottiglie ed accaparrarmi il mio bel posto in prima fila, sempre a fianco del Favone Grassone. Power to handicap!

Le pericolose bottiglie, che non si potevano introdurre nel Paladozza, le potevo tranquillamente comprare all'interno, sebbene costipato tra un largo individuo che monologava cose irriferibili su una certa Paola, e due fave etrusche immancabilmente dotate di un'enorme testa pelata al centro del proprio campo visivo. L'inizio era promettente, ma quali psichedeliche novità ci avrebbe riservato il nuovo anno? Con quale primo schizzo ci avrebbe fecondati l'eliotour 2002?
INIZIANO LE DANZE!
Ore dieci, elii sul palco, primo pezzo Me l'ha detto Michele, Mangoni mago della barzelletta poi Cassonetto e poi La Vendetta del Fantasma Formaggino. Alias: tutto immancabilmente staticamente bradipicamente ragnatelicamente uguale all'anno scorso. Le Fave etrusche proposero come diversivo di girarci di culo come a Pontremoli, ma le prime note di Carro ci persuasero che l'obiettivo primario era la sopravvivenza: per resistere al relativo pogo ci accovacciammo in posizione antisismica, lasciando ai sedimenti del tempo il compito di ricoprire le nostre sozze carcasse.
Intanto le transenne della prima fila urlavano al mondo l'inesorabile caducità della propria condizione. Per fortuna i solerti buttafuori si precipitarono per assicurarle con un millimetro di fil di ferro e un tocco di nastro adesivo. Anche questo è amore L'ho sempre detto che li scartano dai carabinieri...

Mentre Elio annunciava la gioiosa paternità del bassista Faso: "Altro che Chantal, Jessica, Jennifer... lui il figlio l'ha chiamato Matteo, però FasaMi! Questa è la vera originalità!", i rintocchi del buon tastiere Rocco annunciavano la prima novità della serata, alias la ghiotta riscoperta del Vitello dai piedi di balsa, con tanto di ascolto forzato a base di Balalaika e Bascarsija e con tanto di annesso Reprise, nel quale Mangoni inculcava l'apodico bovino Elio con una grossa e nodosa verga.

L'esibizione proseguiva con Psichedelia, dedicata "al portoghese che guarda il concerto da dietro la vetrata" ed Evviva/La visione, in cui MC Mangoni dava culinari consigli ai giovani ascoltatori: "Ricordate: per fare dei buoni tortellini nel ripieno dovete metterci... la sborra!"

L'architetto aveva indubbiamente stimolato il nostro appetito, Faso labiale ma ora era la volta della psicologica Cara ti amo, in cui le amnesie del buon tastiere lasciavano spazio ai guizzi del pubblico e a quel tocco di Bascarsija che non guasta mai.
Dopo un delicato siparietto in cui le giovani donne delle prime file si offrivano di spiegare all'inesperto Carambola le più elementari nozioni sul pianeta dell'utero, e dopo un caloroso applauso di consolazione per un architetto la cui Mangoni Tower non era stata cagata dai tiggì del dopo Pirellone, lo show continuava con il Pipppero e Discomusic: quattro lunghi anni, due enormi coglioni ma anche il Mangoni fallicoraffinato grembiulino fallico del ragazzo immagine Mangoni, già regalo delle Fave Etrusche.
Poi Born to be Abramo e Burattino senza fichi, in cui le vogliose giovani donne potevano ammirare il ciglioso cantante spalmato sul parquet.
Ed era finalmente il turno dell'atteso inedito: Litfiba tornate insieme. La coproacustica cancellava buona parte dell'armonia vocale del pezzo, ma il tributo verso gli indimenticabili Litfiba, "un gruppo che si è sciolto come la neve", non mancò di riscuotere il grande entusiasmo del pubblico rock. Del resto come non commuoversi di fronte al ricordo degli HUA e dei PLIN che non ritorneranno più...

Poco dopo una Uomini col Borsello rigorosamente in chiave Bascarsija avrebbe dipinto il romantico preludio per l'impetuoso Supergiovane, Supergiovane che celebrando la merda piena di sborra e il buco del culo pieno di peli di figa sporchi di diarrea, veniva smascherato dal cantante Elio, per l'unica conclusione possibile: "A vostra insaputa, dopo essere stati casa delle libertà, da oggi siete ufficialmente tutti BASCARSIJA!!!"

Quanti si aspettavamo bizzarre sorprese dagli ospiti VIP incontrati nel pre-concerto erano destinati a rimanere a bocca asciutta: l'immortale Tapparella già concludeva il concerto, lasciando spazio alla consueta attesa per il backstage.

IL NULLA
Siccome gli elii non ci avevano degnati di una minima periferica cagata durante tutto il soundcheck, si sperava che ci mirtillassero almeno nel dopo-concerto. I primi dubbi sorsero quando i buttafuori ci annunciarono che dovevamo dolcemente traslare i coglioni all'esterno del Paladozza. Poco dopo la conferma: Mangoni ci fece ciao con la manina sfrecciando con l'auto davanti all'ingresso, per poi dissolversi in direzione Milano.
L'unico che riuscimmo ad incontrare in modalità ravvicinata fu il chitarrista Cesareo, che ci passò davanti, ci disse ciao, salì in macchina e si perse nel buio.

Degradati da colonne portanti di cemento a semplici pareti di cartongesso, facemmo che tornarcene mestamente alle macchine. Unica nota divertente del dopo concerto la multa trovata sul parabrezza dal Favone Grassone, che non si era accorto di avere parcheggiato in divieto di sosta.

Guardandoci intorno ci rendemmo conto che di divieti in effetti non ce n'erano, ma perché stare a sottilizzare? Ormai era il tempo del ritorno e così, abbandonato il Pelodia alla sua imminente notte di amore gay e abbandonate le Fave Etrusche al loro incerto destino di fave erranti per le vie del centro, invertimmo la rotta verso la base.

Sarei arrivato a casa Marok alle sei e mezza del mattino, in tempo per l'alba ma non per godermi il mattutino biodegrado dei pendolari: ahimé era domenica.
Ma anche di domenica non è mai troppo tardi per l'ultima buona azione della giornata: il piacere di mandarvi tutti quanti ora sempre infinitamente, indefinitivamente e improrogabilmente affanculo.