Al teatro dell'Archivolto di Genova sembrava una serata come tante altre.
Il brusio del pubblico invocava impaziente l'inizio dello spettacolo,
il teatro era pieno come un teatro pieno,
la folla era numerosa come una folla numerosa,
quando finalmente sul palco apparve... lui, il cantante.
Uhm... sembra un volto noto... ehi ma... ma quello è... è
coso, come si chiama? Ah sì, "Elio delle Storie Tese"!!!
Quel tipo strano con i sopracciglioni che cantava "Italia sì
Italia no!". Ma che ci fa in un teatro lirico?
Qui gatta ci cova... meglio fare un passo indietro e tornare giù,
giù, fino a un lieto lunedì sera di marzo.
PRONTI?
In casa Marok sembrava una serata come tante altre.
Il brusio della ventola del computer invocava impaziente un black out,
il frigo era vuoto come un frigo vuoto
e la folla della chat era numerosa come una folla della chat numerosa,
quando finalmente apparve... un misterioso individuo.
Sconosciuto ai più, il suo nome era CHUPS.
"Cazzo, domenica primo aprile Elio canta a Genova! Sotto casa mia!"
Sono frasi come queste, elaborate sovrappensiero e fuoriuscite
in un momento di sciopero neuronale che cambiano il corso della nostra vita,
forse per sempre; e, mentre il malcapitato assisteva impotente
alla lottizzazione dei posti letto di casa sua da parte di tutto il web, la
Cicalona aveva già trovato orari dei treni,
numero di telefono del teatro, programma della serata,
cartine di Genova e... altre sulle quali è meglio sorvolare.
Eh sì, ormai era deciso. Partiva la MISSIONE GENOVA!!!
Incuriosito e intimorito dalla data (primo Aprile),
andai anch'io a vedere cosa c'era in programma per quella domenica.
Si trattava di un duetto voce-pianoforte
di repertorio classico - lirico,
protagonisti Elio e il maestro Enrique Mazzola,
già assaporati al Salone della Musica di Torino.
Si preannunciava una bella esperienza,
d'altronde Elione lirico non capita tutti i giorni,
così chiamai il
giovane Iko per sentire se gli interessava;
mi rispose: "No,
preferisco andare in Germania!"
Mah, strana persona...
E va be', provai con il
Favone Grassone di Biella.
"Uhm... non lo so... mi devo alzare alle CINQUE la mattina dopo... non credo..."
"Dobbiamo prendere i biglietti - gli risposi -
mi devi dire ORA di sì o di no!" "Ok vengo! Sborro!"
Le consultazioni erano finite.
PARTENZA!
Il
favone grassone,
puntuale come un due di picche, mi salutò con fare misterioso:
"Ti devo dare due notizie: una bella e una brutta!"
"Iniziamo dalla bella - esclamai festoso - oggi mi sento ottimista!"
"
La notizia bella è che c'è solo una notizia brutta!"
"Ah... bene... - risposi tranquillizzato - e... quella brutta?"
"Quella brutta è che mio fratello stasera non è tornato a casa."
"E...?"
"Mio fratello stasera non è tornato a casa e...
ha lui la macchina!"
E noi eravamo a Santhià.
E il concerto era a Genova.
Ma il favone grassone è pieno di risorse. Così, pochi minuti dopo,
ci ritrovammo su una Panda verde fosforescente che vibrava come una troia ninfomane,
cocainomane, clandestina, minorenne e sieropositiva al culmine di un orgasmo.
Fu una sensazione bellissima.
Durante il viaggio il favone grassone mi raccontava di tutti i regali che aveva
in serbo per Sergione e Mangoni, pregustando un ghiotto backstage.
"Mica ci sono Rocco Tanica e Mangoni stasera..." obbiettai sorpreso.
"E perché cazzo non ci dovrebbero essere?"
Fu solo allora che il corpulento pilota realizzò di non stare per assistere
ad un concerto rock di Elio e le Storie Tese ma a un'esibizione lirica
in un teatro. Bloccato il suo tentativo di inversione di marcia in autostrada,
lo convinsi che lo aspettava una bella serata. "Ti prometto che sarà meglio di
Campione!"
Questa frase fece calare il silenzio.
In ogni caso arrivammo nelle vicinanze di Genova in poco più di tre ore.
L'appuntamento con le giovani donne che provenivano dal sud era alla stazione,
così telefonammo all'indigeno Chups per sapere come arrivarci.
"E io che ne so dov'è la stazione? - rispose con fare stupito -
sono solo TRE ANNI che sono a Genova..."
Uscimmo ad un'uscita a caso della tangenziale
e vagammo un po' per le vie della ridente repubblica marinara,
fino ad imbatterci in una cosa che a guardarla bene avremmo giurato fosse una stazione.
Era la stazione.

Non si vedeva ancora alcuna giovane donna pronta ad aspettarci,
così bevemmo una birra, ci voltammo di scatto
e ci apparve la
Fava Etrusca in tutto il suo splendore,
spalmata sotto un
monumento a Berlusconi. Potere dell'alcool.
Decidemmo di bere ancora, ci voltammo e vedemmo arrivare
anche la
Cicalona in tutto il suo splendore, però spalmata sulle scale mobili.
Potevamo ritenerci soddisfatti, così smettemmo di bere e telefonammo a Chups per darci gancio al teatro.
Risate di giovane donna.
E poi il nulla.
Le 200 lire meglio spese della Terra.
Capimmo che Chups era impegnato in questioni di forza maggiore
e ci dirigemmo per conto nostro sul luogo del misfatto,
mentre la Cicalona leggeva Cioè ubriacandosi con l'acqua di Roma
e la Fava Etrusca montava il triangolo dentro alla macchina del favone grassone.
Quel po' di alcool che ci era rimasto fece apparire davanti al teatro Chups e Arale.
Prima frase di Chups: "Toglietevi la maglia, che a Genova fa caldo!"
C'era un vento piuttosto fresco, così ci tenemmo tutti la maglia
e ce ne andammo a fare un giro per le vie che circondavano il teatro,
seguendo Chups che ci prometteva che ci avrebbe portati in un bel posto.
Sfortunatamente tale bel posto non esisteva, almeno in questo universo,
così ci fiondammo nel primo pub,
ci sedemmo sotto una moto parcheggiata sul soffitto,
saziammo i nostri giovani corpi con prodotti non identificati
ed uscimmo fuori, constatando che la temperatura
si era abbassata di una decina di gradi.
Chups, in maglietta perché a Genova fa caldo,
si stava trasformando in una stalattite,
così decidemmo di tornare davanti al teatro per esibirlo alla folla
e lì incontrammo altri due bizzarri personaggi:
Sabrina, una tipa di Torino che vive a Roma e ha l'accento di Milano,
e un certo
Rese, venuto all'Archivolto apposta per conoscere la Cicalona.
Sabrina andò ben presto ad infrattarsi con il favone grassone,
l'allegra Cicalona iniziò a telefonare a tutto il mondo
pur di non rivolgere la parola a Rese,
mentre Arale e ciò che rimaneva di Chups ci dissero
che non sarebbero entrati a vedere il concerto e ci salutarono.
Sono cose che fanno pensare...
Verso le otto e mezza i superstiti entrarono nel teatro.
Era piuttosto piccolo ma carino, in compenso i nostri posti
erano in culo al mondo e non si vedeva praticamente niente.
Li aveva prenotati Chups.
VIA!!!
Ore dieci: il concerto ebbe finalmente inizio.
Subito un lungo applauso festeggiò la comparsa sul palco del mitico Elione,
che scaldava la platea con un paio di canzoni del repertorio tradizionale napoletano,
A' vucchella e
Fenesta ca lucive, una lagna da tagliarsi le vene
ma... io non ho detto niente!:o)
Lo accompagna al pianoforte il maestro Enrique Mazzola, un tempo serissimo professore
d'orchestra, oggi esemplare di essere umano che assiste impotente
al biodegrado di anni di onorata reputazione, scomparsa per sempre quando, al verso
"da chella bocca n'esceno li vierme", Elio si interruppe per esclamare: "Che schifo!"
e poi proseguire come se niente fosse, tra gli sguardi attoniti
dei vecchi mummificati delle prime file. La voce era in gran forma ma,
per non correre rischi, il nostro cantante preferito
preservava la sua preziosa ugola alternando ogni canzone con un buon sorso
del vino nobile di Montepulciano. Almeno offrire...

Il viaggio proseguiva attraverso tre
canzoni giapponesi, una delle quali
tratta da un fumetto erotico di cui ci sfugge il significato.
In ogni caso raffinati lirismi come "ciru ciru ciru a te i"
o "naio naio nabi ko, hitto naia ghì" rimarranno per sempre impressi nella mente
di tutti noi.

Di ritorno dal lontano oriente, si passò alle
milonghe
di Piazzolla ("pensate se gli dedicano una piazza... piazza Piazzolla... ahahah!"),
inframmezzate a tratti da simpatiche signorine in divisa che,
avendo visto dei flash e sapendo di essere gnocche paura
non potevano che scassare il cazzo, importunando con i loro mugugni
i malcapitati spettatori ai quali altro non rimaneva
che mandarle cortesemente in quel di fanculo.
Alle due milonghe seguivano la frizzante rumba
A Capocabana
e la divertente
Bambola, in cui Elio, rivelando un'estensione vocale stupefacente,
interpretava il delicato ruolo di un bel frocione che, giostrandosi nella sua doppia
identità, urlava al cielo il suo tremendo disagio.

E il cielo non rimase insensibile a lungo: per la gioia dei nostri occhi
spuntò finalmente una presenza femminile sul palco. Era la bravissima soprano
Sabrina Vitali, che avrebbe accompagnato Elio nel brillante duetto di Francesco Antonacci
La scossa elettrica. ("Ragazzi... è il nonno di Biagio! Ahahah!")
E intervallo fu. Le tipe in divisa chiesero a tutti
se avessero visto qualcuno fare foto, tutti le rimandavano cordialmente e sentitamente
affanculo, il favone grassone mi implorava di scrivere "SBORRRRRRRRROH!" via SMS
ad un suo amico di Biella, la fava etrusca si nascondeva per evitare che le rompicoglioni
le vedessero la macchina foto che le occupava tutta la sedia e la Cicalona si nascondeva
sotto la sedia per evitare Rese. Gran bella cosa l'intervallo.
Ma purtroppo durò poco, così ben presto si spensero le luci
ed iniziò la parte più attesa dello spettacolo,
ovvero l'annunciato
Carnevale delle bestie,
una collezione di brani tratti da un repertorio perlopiù contemporaneo,
ognuno dei quali aveva come protagonista un animale
suggerito di volta in volta dagli assurdi copricapi di Elio.
Il primo,
Canto dell'animale senza nome,
era dedicato a una creatura con crisi di identità.
"Alzati oppure scivola nel mare, semina o fatti inseminare" gli sussurrava il vento,
frase che, chissà perché, desta l'ilarità di alcune giovani donne...
mah... in questi posti dovrebbero fare una maggiore selezione all'ingresso...
Seguiva
La lucertola di Lorenzo Barbero, strana storia di un serpente
che si mette in testa di volare, continua a vagare per la foresta urlando: "fatemi volare,
fatemi volare, fatemi volare!" e non è contento finché un dinosauro
stressato non lo lancia per aria e gli fa fare un volo di venti metri. Sono cose
che fanno pensare...
Ed era la volta di un brano dalla melodia agghiacciante dedicato alla strana amicizia
tra un pappagallo giallo e uno sciacallo. Lo squilibrio del ritmo era
un'incitamento alla schizofrenia, ma a riportare la pace e la serenità
intervennero due belle arie Disney:
Crudelia demon, colonna sonora di
La carica dei 101, e
Tutti quanti voglion fare il jazz,
aria degli
Aristogatti, nella quale Elio ci sorprendeva
con un bel vocione gracchiante che ci aveva sempre tenuto nascosto.
Seguivano
Il pesce e l'uccellino, divertente paradosso Darwiniano,
e una strana canzone dedicata a un
Topo
per la quale Elio indossò un enorme maschera da roditore, che tra l'altro creava
un bellissimo effetto sonoro. O forse era il vino nobile che prosegue la sua opera
di saturazione alcolica... lo sapremo solo vivendo.
Lo show proseguiva con
Uomini con i capelli lunghi,
strana storia di giovani capelloni assimilati a bizzarri esemplari di bestiame
dotati di cute tatuata e lunga chioma, perennemente circondati
da musica assordante "che penetra nel corpo attraverso la parte animale del cervello,
che fa crescere il capello".
Cose strane, ma era il turno di
Il criceto,
la cui armonia dissonante faceva da sottofondo alle liete avventure di un criceto che,
come segno di affetto, adorava perforare a morsi le dita di chiunque gli capitasse a tiro.
Anche questo è amore...

Seguiva il divertente
Duetto tra due gatti, il cui testo constava della parola
miao e la cui esecuzione constava ancora una volta della partecipazione
dell'ottima soprano Sabrina Vitali. Ottima esibizione, ben pochi riescono
a trattenere le risa di fronte all'inattesa metamorfosi felina dei due cantanti.
"Noi faremmo anche un bis - annunciò infine tra gli applausi
il maestro Enrique Mazzola - ma... c'è un problema...
Elio ha dimenticato lo spartito in camerino!"
Sono frasi come questa che riescono a trasformare un pubblico di raffinati e imbalsamati
musicologi in un selvaggio pubblico hard rock. E così, incitato se non da
secrezioni salivari, almeno da urla e da fischi, Elio corse nel camerino a prendere
lo spartito del misterioso brano, che tutti noi sapevamo essere
La Calunnia.
Nonostante la mancanza del mitico tamburo gigante con cui si accompagnava a Torino,
il risultato fu eccellente, gli applausi sembravano non finire mai
e le luci dei flash sembravano accecarci:
era incredibile come la maggiorparte delle persone stesse facendo foto
solo per spregio nei confronti di quelle rompicoglioni del teatro.
"Ora possiamo fare quante foto vogliamo - dissi alla fava etrusca
con il tono di chi la sa lunga - tanto col cazzo che ci beccano ormai! Eheheh!"
I CONTATTI UMANI
Una voce mi interruppe.
"
Potremmo parlare di quelle foto?"
"Fa' che sia uno scherzo, fa' che sia uno scherzo - pensai prima di girarmi -
fa' che non sia un idiota in divisa..."
Era un idiota in divisa.
L'ipotesi calcio nei coglioni e fuga con zaino in spalla non sembrava al momento
praticabile, così, cercando invano di fingere innocenza, gli risposi
sorridendo: "Ma parliamone!"
"Adesso mi consegni il rullino!" esclamò il fesso
con fare non propriamente gentile.
"Uhm... no!" risposi, ancora indeciso se fargli pena o prenderlo allegramente
per il culo.
"Guarda che non era una domanda... ho detto adesso mi consegni il rullino punto!"
"Eh, non te lo posso consegnare - replicai - sopra ci sono altre foto mie!"
Certo come idea non era un granché,
ma considerato il livello intellettuale dell'individuo
non valeva la pena sprecarsi a pensare di meglio.
"Non m'interessa - rispose il manichino - consegnami il rullino e basta!"
Andammo avanti a ripetere le stesse frasi per cinque minuti buoni, poi il simpaticone,
sentendo forse che le batterie dell'handicap gli si stavano scaricando,
se ne uscì con un "va be', per questa volta passi...
ma non mi ringraziare, perché le foto
non si fanno!"
Di ringraziare quel pezzente non mi era passato neanche per l'anticamera del cervello,
comunque lo salutai fingendo sincero pentimento e raggiunsi gli altri in atrio,
dove ci aspettava il nostro amico Elio.
"Ma non è possibile - esclama sbalordito - ma
anche qua???
Ma... ma voi
non avete mai da lavorare?"
"Ma io mi sono licenziata apposta!" rispose la Cicalona con aria divertita.
Elio capì di avere davanti a sé dei malati incurabili,
chiese al favone grassone se gli aveva portato riviste porno e,
appreso il suo responso negativo, ci augurò la buonanotte,
dirigendosi verso la sua Porsche parcheggiata di fronte alla nostra Panda verde
fosforescente.
Sabrina ci disse di dover tornare a Roma, così la scaricammo alla stazione.
Era l'una, il primo treno era alle due. "Spero che non mi accada nulla..."
ci disse con sguardo da cucciolo impaurito implorante di non abbandonarla
in balia degli uomini brutti e cattivi.
La nostra ultima parola fu "Ciao!", il favone grassone invertì la rotta verso Biella
e noi invertimmo la rotta verso casa Chups, che ci aspettava per concludere
in bellezza la serata.

Queste sono le nostre facce il mattino dopo.

Non mi sembra il caso di aggiungere altro...
Fankulo tutti.