Gli ultimi giorni di primavera annegavano placidi e sonnacchiosi nel freddo umido del
Palapiercing,
quando un improvviso squillo mi risvegliò dallo scazzo e dal torpore. Una telefonata. Di quelle che allungano la vita:
"Ciao Marok! Sono il
Favone Grassone!!!
Vado a vedere gli Elii a La Spezia, vuoi un passaggio?"
A quei tempi, blindato com'ero in quella ignobile merda che è la
Naja (ipocritamente travestita da
Servizio Civile),
non sarei potuto uscire dai confini del distretto militare di Torino, né potevo comunque evadere dalla prigionia prima delle sei e mezza; difficilmente sarei potuto arrivare a La Spezia per le nove.
Ma la fantasia di una fava handicappata e incazzata col mondo non ha limiti, così, con la collaborazione dell'altro obiettore compagno di mille sfighe, optammo per il piano B: persuadere la rompicoglioni responsabile che il primo maggio era festa anche per i militari e non solo per gli esseri umani. L'ignoranza della capa era pari solo alla sua acidità, così seppur riluttante, fu costretta
"per legge" a darci la giornata.
Ebbene sì: eravamo ufficialmente evasi da Alcatraz!
A dirla tutta, non ricordavo benissimo chi fosse questo Favone Grassone che avrebbe guidato fino a La Spezia. Rivedendo il suo volto da vicino, iniziai a nutrire qualche dubbio sulla mia incolumità. Quando però, per tutto il viaggio in autostrada, nonostante i quaranta gradi esterni, decise di tenere i finestrini sigillati perché se no non si sentiva l'autoradio e quando poi, a metà viaggio, si accorse che
il livello dell'olio era tragicamente a zero, ogni dubbio scomparve, lasciando spazio alla certezza: non sarei arrivato al 2001.
Fu comunque una bella esperienza contemplare i mutamenti cromatici del suo volto quando il meccanico della stazione di servizio annunciò con fare beffardo:
"200 CARTE!".
Eh sì, il concerto gratuito iniziava a sembrare piuttosto caro.
In tutto ciò, pensavo ai casini nei quali sarei potuto finire, se la polizia per caso ci avesse fermati, mi avesse chiesto i documenti e avesse scoperto della mia evasione da Alcatraz: in quanto obiettore, non sarei mai potuto uscire dai confini del distretto militare di Torino, altrimenti mi avrebbero potuto scambiare per essere umano, sebbene le mie sembianze rendessero la cosa piuttosto difficile.
Ma chi avrebbe mai potuto fermare due personcine a modo come noi?
Appena usciti dal casello di Genova, una volante della polizia ci fece simpaticamente cenno di accostare.
Non aspettavo altro.
"Ecco - pensai
- adesso vedono che sono obiettore, che sono fuori e mi sbattono dentro!"
"Patente e libretto - sentenziò l'agente
- Non si mettono le cinture, ragazzi?"
Pronti per un ulteriore salasso, scendemmo dalla macchina.
Il poliziotto rimase un po' a fissare con fare sospetto le nostre magliette, poi mormorò:
"Elio e le storie tese... ah... siete dello staff?"
"Sì, sì - prontamente risposi
- Siamo i tecnici del suono, andiamo a montare il palco..."
"Sul serio? - esclamò ammirato
- Ma... il complesso è già passato di qua?"
"No, arriveranno tra poco..."
"Va be', per questa volta chiudo un occhio, ma la prossima volta... però salutatemeli!"
Più che mai ammirati dell'handicap dei carabinieri, schizzammo in macchina e partimmo alla velocità della luce destinazione La Spezia, meta finale la fantomatica...
piazza EUROPA.
Dopo qualche giro a vuoto, capitammo in una tal
piazza BEYRUTH, dove sorgeva un palco a noi molto familiare, che mostrava una certa
Silvia Bolbo e un certo
Christian Meyer...
Il Favone Grassone mi convinse a smettere di cercare piazza Europa.
Dopo qualche minuto di chiacchiere con loro ed il buon Sergione, ce ne andammo a fare un romantico giretto sul
litorale spezzino. La foto parla da sé.
Alle quattro sentimmo che stava iniziando il soundcheck, così ci shpalmammo sotto il palco per goderci un Rocco Tanica scatenato che cantava il medley sostituendo una parola ogni tre con
"Cabina", accanto ad un Mangoni che si dilettava con la tastiera, senza accorgersi che era drammaticamente spenta.
L'acustica sarebbe stata gradevole, se non fosse che, dai muri della chiesa alle nostre spalle, una assurda eco
"raddoppiava" ogni colpo di batteria: era un chiaro messaggio da parte di Dio.
Dopo una manciata di vaffankuli, gli Elii decisero di NON fare l'unplugged, e il pubblico dimostrò prontamente di non esserne molto divertito.
Solo il dialogo con le fave liguri ed etrusche risollevò la monotonia dell'attesa, ma anche
Mangoni,
che continuava a provare a suonare la tastiera, non era male.
Le sorprese, però, non erano finite.
Verso le 7 il cielo si fece sinistramente nero, la visione del palco completamente scoperto rievocava tristi ricordi ai più veterani, sinistri risuonavano i nomi dei recenti concerti alluvionati, Collegno, Frassineto Po... Qualche gocciolina di pioggia, caduta verso le 8, lasciava temere il peggio, ma
alle 8 e mezza un diluvio universale fece finalmente chiarezza sulla situazione.
Tutto il pubblico si riversò sotto i portici ai lati della piazza, mentre il palco scompariva sotto la pioggia battente e il Favone Grassone ripensava alle sue duecento carte inghiottite dalla furia degli elementi.
A quel punto, eravamo tutti rassegnati,
il concerto sarebbe saltato.
Verso le dieci, la pioggia diminuì d'intensità, così ce ne tornammo verso il palco per avere notizie fresche sul nostro destino.
La tastiera di Sergione sembrava funzionare, mentre quella di Jantoman risultava stabilmente in coma, così come i riflettori.
Qualche fonico, tra gli applausi della folla,
provò a mettere su un cd, ma le casse alla nostra destra iniziarono a gracchiare.
"Speriamo che sia la cassa! - mormorò qualcuno -
Se è il canale, siamo fottuti!"
"Io, sinceramente, spero che sia il cd!" rispose un altro sconosciuto, ingenuo come il primo.
Avete già capito:
un canale era fuori uso!
Eravamo fottuti.
Nulla può però fermare il complessino,
si decise di mettere tutto in mono.
E così, alle dieci e mezza,
LO SHOW EBBE INIZIO!!!
"Questo è un concerto ad altissimo rischio!" esclamò Elione salendo sul palco.
La sua voce era praticamente inesistente, l'equalizzazione era orrenda, tutti i volumi erano a puttane e non si sentiva un cazzo tranne la chitarra del Civas, che copriva tutto il resto.
Ma i nostri non se ne curarono, aprendo il concerto con l'ottima intro strumentale di Mike Rutherford
"OUT INTO THE DAYLIGHT", seguita a ruota dall'ex sigla di Mai dire Gol
"BALLA COI BARLAFUS", cover di Timewarp del
"Rocky Horror Picture Show" (quest'orgia di dettagli ridondanti è dedicatissima alla nostra affezionata lettrice Claragnese!).
Elio muoveva le labbra, di voce non c'era traccia, ma un vero artista non si ferma di fronte a queste banalità e il medley proseguì con
"HELP ME",
"L'ASTRONAUTA PASTICCIONE",
"TONZA PATONZA",
"URNA" mixata con
"September" degli Earth Wind and Fire,
"BUONA GIORNATA" e
"ÙNANIMI".
"Sia chiaro che con tutta quest'acqua questo show è interamente in playback! - urlò Elio
- D'altronde è GRATIS, che cazzo volete???"
Al corrente delle recenti disavventure economiche del Favone Grassone, il buon Sergione gli lanciava occhiate compiaciute e divertite, mentre le note di
"DISCOMUSIC" accompagnavano i sensuali movimenti del corpo del ragazzo cubo Mangoni, che mostrava fiero le sue
"maniglie dell'amore" ad un pubblico che si chiedeva piuttosto che fine avesse fatto Psichedelia.
Per la cronaca, ce lo stiamo chiedendo ancora adesso.
Tuttavia, di fronte ai cori inneggianti all'architetto, Elio perse la proverbiale pazienza:
"Siamo sempre un po' amareggiati dall'assistere impotenti all'applauso che viene tributato ad un incapace! A lui tutto, a noi niente! Ogni sera sempre questa goccia... noi non è che siamo invidiosi, però... vaffankulo!!!"
E così, il concerto proseguiva con
"CARRO",
"MILZA" e
"ACIDO LATTICO", finché, dopo un lungo applauso, Mangoni salì sul palco e, nei panni del
"direttore d'orchestra più ingrassato in sole ventiquattr'ore", diresse l'ottima composizione dal titolo
"IL SIGNOR SPEZIALE".
Finalmente, i volumi delle voci iniziavano ad essere accettabili, anche perché non coperti da nessuno strumento.
Quindi, partì
"FARMACISTA"!
Ne avremmo avuto bisogno, perché le sonorità scatenarono scene di guerriglia urbana.
Al termine del brano, si creò un attimo di silenzio, forse in segno di lutto per i nostri organi spappolati, e il buon Faso prese la parola:
"Stasera c'è un gioco un po' speciale. Ci si vede alla pineta all'una di notte per un gioco della bottiglia, ci sono tre posti liberi, si può baciare, toccare, ma attenzione: solo ragazze!"
"Eh sì - spiegò Elio, tra le urla delle giovani donne
- il gay non è più di moda, sono passati i tempi di Morgan, di Andrea Pezzi, ormai siamo nel ventunesimo secolo, andiamo con le donne e facciamo incroci tra i Flower Power e il coro degli alpini ubriachi!!!"
Tutto questo per introdurre i cori di
"EVVIVA/LA VISIONE", vano tentativo di far cantare un pubblico che Elio definì come
"il peggiore dopo Genova"!
Seguirono
"CARO 2000" e l'indimenticabile
"THE PEAK OF THE MOUNTAINS",
canzone in impeccabile lingua inglese presentata dal dottor Stramangone che reggeva i cartelloni con i sottotitoli in italiano, come ai tempi di Grussu.
Venne poi la volta della trascinante
"YES I LOVE YOU", che vide noi della prima fila assolvere alla funzione di tappeti elastici ad uso e consumo delle retrovie.
La ricompensa fu la mitica
"INDIANATA", che quella sera raccontava le gesta di una casalinga che, mentre prepara il pesto, trova nelle sue mutande un vibratore, sporco di cacca.
"I tuoi problemi, quando ti accorgi che non è la tua cacca..."
Alta poesia. Mi stavo commuovendo, così come per
"TVUMDB", come sempre concluso dal simpatico siparietto dedicato al playback, con il giovane bassista Faso sincronizzato al nastro che salta, rallenta, accelera, va all'incontrario, si ferma, e in fondo anche questo è amore.
Qualche illuso ancora si aspettava il medley acustico, ma quella sera soka, si passò direttamente a
"IL ROCK AND ROLL",
"TELL ME YOU LOVE ME" e, di nuovo, la voce di Elio scomparve, vittima dei volumi sballati.
"Il nostro tour è praticamente anche se non ufficialmente terminato!" esclamò il cantante.
In effetti, l'ultima data in programma prima della pausa estiva era quella al casinò di Nova Gorica, che gli elii si rifiutavano di considerare un concerto.
"Ma noi - continua Elio
- abbiamo presentato una proposta di legge in parlamento per garantire a ognuno una festa delle medie all'anno, per poter limonare in santa pace, con le tapparelle abbassate!!!"
Partirono così, prevedibilmente, le note di
"TAPPARELLA". Ottimo il lungo assolo finale del buon Cesareo, che, anche stavolta, scatenava scene di violenza urbana per l'accaparramento del suo magico plettro.
Sarebbe inutile soffermarsi sui dettagli che videro il mio giovane corpo nell'epicentro del massacro.
E fu il momento del
backstage, per molti ma non per tutti, ma non vi preoccupate: noi eravamo in una botte di ferro! Piena di merda.
Infatti, Silvia ci diede appuntamento
nel bar dell'albergo del complessino, senza badare al fatto che tale bar
era drammaticamente chiuso.
E va be', per fortuna riuscimmo a prendere possesso della hall, sorseggiando la grappa portata da una giovane favessa con il chiaro fine di farci ubriacare ed abusare dei nostri corpi.
Poi qualcosa andò storto, peccato.
"Allora, come va con il servizio civile?" mi chiese l'elvetico batterista
Christian Meyer.
Stupendomi per cotanta memoria, raccontai le mie disavventure nella casa dei pazzi; Faso si fece matte risate ascoltando le mie sfighe da obiettore, mentre il Favone Grassone e Rocco Tanica si cimentarono in un'ardua gara di barzellette.
"Ho visto il vostro nuovo sito - mi disse Sergione
- complimenti a tutti quanti!!!"
L'avrei penetrato dalla felicità, ma purtroppo mi anticipò uscendo per un vagabondaggio notturno per le strade di La Spezia. Non sa cosa si è perso...
Una rapida occhiata all'orologio, intanto, ci svelò l'amara verità:
si erano fatte le due e, facendo due conti sui chilometri che ci aspettavano, il Favone Grassone ed io considerammo che forse era meglio incamminarsi verso casa.
Così, salutammo il complessino, facendo le condoglianze a Jantoman per la sua defunta tastiera, e decollammo a tutta velocità verso la tangenziale.
E fu proprio quando ci sentivamo già lontani dai nostri musicisti preferiti che tutt'ad un tratto nell'oscurità di una strada osservammo la sagoma conosciuta di un passante.
Abbassato il finestrino, urlammo:
"Mi scusi... per il centro???"
Rocco Tanica si voltò e, senza batter ciglio, rispose:
"SEMPRE IN TONDO!!!"
È anche da queste cose che si riconosce un vero artista...
In tutto questo, però, c'è una cosa che ancora non ho capito: secondo voi... adesso... dobbiamo ancora continuare a girare?
Fateci sapere!
Alla prossima!