DOMENICA 13: I PRIMI CONTATTI Reduce dall'ennesima vacanza pacco, mi ritrovavo solo e scazzato nell'assolata e deserta Torino e non sapevo proprio che cazzo fare. Studiare? Uhm... no, non mi attirava! Un silenzio surreale avvolgeva i miei pensieri, li fiutava, li ingoiava e li sboccava, per poi inghiottirli di nuovo riscoprendone nuovi sapori, finché un inatteso squillo frantumò lo scazzo della giornata. Per un po' rimasi pensieroso, chi poteva essere così deficiente da telefonarmi Domenica 13 Agosto pensando di trovarmi in casa? Non poteva trattarsi di un essere umano! Dopo lunga riflessione decisi che il modo migliore per saperlo era rispondere, e mi accorsi che, sì, non mi sbagliavo, non era un essere umano. Era Mandingo, una strana creatura dalle sembianze non terrestri che viene con noi all'università; mi disse che era in montagna a Rubiana da solo, aveva la casa libera, voleva che venissi su e che portassi un po' di gente con me. La telefonata mi lasciò parecchio stupito, non era normale che un essere umano informasse spontaneamente i suoi amici di avere la casa libera, di solito tale informazione richiedeva mesi e mesi di spionaggio, appostamenti ed interrogatori al siero della verità, ma mi ricordai che non avevo a che fare con un essere umano, così lasciai cadere i miei dubbi nel vuoto ed iniziai un vasto giro di consultazioni telefoniche, ben consapevole che a Torino il 13 Agosto potevo trovare solo degli impediti. E anche stavolta non mi sbagliavo: al termine di una ricerca capillare che aveva finito per comprendere tutti i numeri dell'elenco Telecom, gli unici ad essere in casa risultarono essere Joco e Nichel, i due più handicappati della scuola, così ci incontrammo l'indomani per fare il punto della situazione. LUNEDÌ 14: I PREPARATIVI Joco ci salutò con un bel pacco e ci disse che quella sera andava in Sicilia; gli dicemmo addio, ben sapendo che, appena il comitato di accoglienza locale avesse saputo che fa Buscetta di secondo nome, lo avrebbe incaprettato al grido di infame. Nichel, invece, dopo aver saputo da me (cosa NON farei per gli amici) che Rubiana è una località di alta montagna (in realtà é a 700m), che é piena di fighe (pullula!), e che potevamo mangiare gratis e sfasciare la casa a Mandingo (beh... questo almeno era vero!) decise di venire, tanto sulle corriere Satti viaggia gratis perché é handicappato. Oramai era chiaro, avrei passato il peggior Ferragosto della mia vita. MARTEDÌ 15: PARTENZA! Mandingo mi aveva detto che a Torino la corriera partiva da Porta Susa e non faceva altre fermate, così avevo dato appuntamento a Nichel direttamente là, sicuro che avrebbe tirato pacco. Contro ogni previsione, invece, quel mattino lo vidi arrivare puntualissimo, solo dopo mi spiegò che era riuscito ad arrivare senza perdersi perché si era fatto accompagnare dalla mammina, non essendo in grado di cavarsela lontano dalla natia Nichelino e da piazza Bengasi. Fu guardando i passeggeri della corriera che iniziarono a nascere in noi i primi istinti omicidi verso Mandingo, visto che ci ritrovammo circondati da mummie tra cui noi eravamo gli unici under 80. Ribadii a Nichel la mia teoria secondo cui intorno a Mandingo c'era perennemente un chilometro quadrato di terra bruciata, ma lui rimaneva speranzoso. Intanto notai con stupore che la corriera si avvicinava sempre di più a casa mia, finché... sorpresa! La corriera stava facendo una fermata... proprio sotto il mio portone! E Mandingo mi aveva fatto svegliare mezz'ora prima per andare fino al capolinea a porta Susa!!! In quel momento iniziai a desiderare con tutte le mie forze che lo colpisse una morte lenta e dolorosa, ma era ancora presto. Avrei avuto molte altre ragioni. L'ACCOGLIENZA Mandingo ci aveva assicurato che, tranqui, sarebbe venuto ad aspettarci alla fermata, ma, una volta in paese, constatammo che se n'era altamente fottuto. Dopo alcuni attimi di panico Nichel notò una testa enorme che sporgeva da un balcone e ci fissava con un ghigno satanico; non c'erano dubbi: era lui! Non facemmo in tempo ad entrare che ci disse di andare a fanculo, che doveva andare a messa e che, nel frattempo, noi dovevamo mettere la casa in ordine e andare a comprare da mangiare, con i soldi nostri. Ringraziatolo per l'ospitalità lo mandammo a farsi fottere e ci dedicammo a sfasciargli tutto e a fare l'144, in segno di ringraziamento (avrebbe pagato 260 carte di bolletta!!!). Dopo pranzo Mandingo, in segno di amicizia, ci ordinò gentilmente di lavare i piatti del giorno più il cumulo che c'era in cucina, così noi, in segno di stima e con altrettanta gentilezza, gli scoppiammo a ridere in faccia, ci svaccammo su un divano e lo mandammo nuovamente a fare in culo, tanto ormai c'era abituato. LA PALUDE L'incubo vero e proprio iniziò quando iniziammo a fare le prime conoscenze con gli indigeni del paese. Il primo autoctono ci venne a trovare verso le due e mezza, era un tipo parecchio handicappato (e, come tale, amicone di Mandingo), che ci trascinò verso una palude che gli indigeni chiamano campo da pallavolo e dove passano lieti e felici tutti i pomeriggi di Agosto. Mandingo si mise a giocare e ci chiese se volevamo partecipare al partitone; era una proposta interessante, ci pensammo su molto a lungo (stime approssimative parlano di un millisecondo), dopodiché lo mandammo per l'ennesima volta a fanculo e ci abbioccammo su un muretto aspettando che scendesse dal cielo lo spirito di Ken Shiro a salvarci. Ascoltate le nostre invocazioni, il cielo ci disse che, in effetti, lo spirito di Ken Shiro era momentaneamente occupato in Tibet nella lotta contro l'occupazione cinese, così ci mandò al suo posto un altro bel regalino: si avvicinò a noi sorridente un bambino mezzo down, mi fissò e iniziò a dire: "Che bello, hai le scarpe della Lotto! Hai le scarpe della Lotto! Lotto! Lotto! Io invece ho le calze della Lotto, Lotto, Lotto, Lotto, Lotto, che bella la Lotto! Lotto! Lotto! Lotto!" Per un po' lo fissai in silenzio, desiderando che un fulmine lo incenerisse all'istante, poi, con aria gentile, gli chiesi: "Ohu, lo sai che é un goldone?" "No - rispose il down - non lo so, non lo so, no, no, no, non lo so!" "È un animaletto peloso che ti metti sul cazzo!" Lui rimase un po' a guardarmi ammutolito e con gli occhi sbarrati, poi, zitto, si girò e se ne andò. Eh, sì, me ne ero liberato in meno di un minuto senza neanche ucciderlo. Sono troppo il capo! IL MOMENTO CULTURALE Rimanemmo tutto il pomeriggio pietrificati sul muretto a sorbirci il partitone di Mandingo, finché non riuscimmo a trascinarlo via a calci in culo e ce ne tornammo a casa. Una volta dentro, Nichel iniziò a ribadire che era troppo un capo a giocare al computer e si mise a sfidare Mandingo a tutti i giochi possibili e immaginabili, nella vana speranza di trovarne uno dove non venisse clamorosamente umiliato. A Mandingo non sembrava vero di avere trovato una creatura più impedita di lui, andò avanti a spalmarlo di merda con ogni gioco che aveva in casa, con Nichel che continuava imperterrito a ripetere: "Cazzo, ci hai già giocato!" e "Sono troppo un capo, adesso vinco!", finché non si accorse che persino il computer lo stava pigliando per il culo e decise di rassegnarsi all'idea di essere un fallito senza speranza. Solo dopo ci spiegò che si era iscritto a Informatica perché un suo vicino di casa vendeva macchine da scrivere per corrispondenza e lo aveva appassionato al settore. IL CARNEVALE DI RUBIANA Non appena si fece sera, Mandingo ci disse che doveva andare a mangiare fuori con i suoi amici, che noi non eravamo invitati, di andare a fare in culo e di raggiungerlo alle nove nell'unica piazza di quel paese di merda, dove era previsto un rito che gli indigeni chiamano carnevale, non sapendo che eravamo a Ferragosto. Una volta organizzata una cena alla meno peggio, a base di materiale organico non meglio identificato rinvenuto nel frigorifero di Mandingo, ci recammo fiduciosi verso il misterioso luogo dell'appuntamento. La strada fu lunga e non priva di insidie, tra cui orde di cani affamati che cercavano di sbranarci e varie presenze soprannaturali che ci scagliavano contro malefici di ogni tipo, comunque, dopo una mezz'oretta passata a vagare come disperati, arrivammo finalmente a quella sfiga di piazza, dove si concentrava la vita notturna della metropoli. In effetti, c'era tutto il paese al gran completo, una marea di vecchi dagli occhi spiritati con al seguito tre o quattro nipotini mongoli ciascuno (piccoli Mandinghi crescono), l'unico elemento che non era presente tra tanta gioventù era proprio quello stronzo di Mandingo, che ci aveva fatto bellamente pacco. Presi dallo scazzo, avvicinammo un gruppo di indigeni e gli chiedemmo se avere visto essere con grossa testa capellata e piede papera; capirono subito di chi si trattava e ci dissero che era impegnato nella processione che precede i riti sacri del paese, che sarebbero culminati con un sacrificio umano. Convinti che Mandingo fosse il fortunato prescelto, decidemmo di dargli l'estremo addio, e andammo a cercarlo tra la folla. Una volta raggiunta la processione non ci volle molto a rintracciarlo, il costume da pagliaccio con cui era vestito non ce la faceva a nascondere le sue orrende fattezze, anzi, semmai gli conferiva una carica repellente ancora più vigorosa, dandogli buone possibilità di concorrere per Mister Rubiana 95. Aveva un mantello rosso, un cilindro viola e trainava un carro di cartone. Non riuscivamo a capire da che cazzo si fosse vestito ma lui ci rispose con fare sicuro: "Sono vestito da conducente della carovana diretta al Paese dei Balocchi!" Stavamo già preparandoci a sfotterlo per il resto dei suoi giorni, quando, tutto ad un tratto, assistemmo alla scena più bella di tutta la serata: un gruppo di bambinetti lo vide, gli si avvicinò e gli chiese: "Dove l'hai presa quella maschera? E quella parrucca? La voglio anch'io, la voglio! La voglio!" "Quale maschera? Quale parrucca? - rispose Mandingo stupito - È la mia faccia! Sono i miei capelli!". I bambini non volevano credergli, Nichel ed io ci mettemmo un po' a spiegar loro che non avevano di fronte un essere umano ma un mutante xfile, finché non notarono il liquido verde che gli cola continuamente dal naso e si convinsero che dicevamo la verità. LA MAXI-DISCOTECA Nel frattempo, la processione si fermò e ci ritrovammo in un minuscolo piazzale, completamente deserto, su un lato c'era una tenda (doveva essere quella dello stregone locale) e su un altro si notavano due altoparlanti arrugginiti. Gli indigeni la chiamavano discoteca all'aperto. Ci ricordammo che la processione era la preparazione al rito sacro del sacrificio umano e ci chiedemmo chi sarebbe stato il fortunato; dopo pochi secondi un tipo iniziò a parlare alla folla, doveva essere lo stregone, e iniziò a dire: "Bene, gente, adesso facciamo una votazione per eleggere il più simpatico della festa!" Subito, io e Nichel immaginammo la scena di Mandingo che arrostiva dentro la padella, ma alla fine della premiazione dovemmo ricrederci: esisteva un essere ancora più handicappato di Mandingo e fecero vincere lui. Mandingo, comunque, arrivò secondo. Lo consolammo ricordandogli che, eliminato il rivale (trattenuto in padella), l'anno prossimo sarebbe finalmente stato il suo turno. Dopo una mezz'oretta passarono dei tipi a chiederci se volevamo della carne, appena cucinata, li ringraziammo ma gli dicemmo che avevamo già mangiato. Finiti i festeggiamenti, il capotribù diede inizio alle danze, e in pista si riversò tutta la generazione over 80 accompagnata da quella under 10, ballando al ritmo di valzer e mazurca. Io e Nichel, in preda alla più cupa disperazione, ci abbioccammo su un muretto attaccati alle birre, mentre Mandingo si lanciò in pista a ballare il valzer, da solo. Nichel, che aveva passato tutta la sera a lamentarsi che non c'erano fighe, iniziò ad implorare il cielo che venisse una certa Laura che aveva visto nel pomeriggio e che aveva eccitato la sua fantasia di radiologo; neanche a farlo apposta questa Laura arrivò sul serio, in compagnia di altri ragazzi, tutti con il volto segnato da quell'espressione disperata tipica di chi é costretto a passare il Ferragosto in un posto di merda mentre tutto il resto del mondo é altrove a divertirsi. Nichel la vide e disse: "Adesso ti faccio vedere come si baccaglia!" e si incamminò verso di lei. Questa Laura in realtà era un discreto cesso, ma si vedeva lontano un miglio che aveva una fame millenaria; iniziò ad implorare i suoi amici di andare a ballare con lei, ma tutti, uno per uno, l'avevano mandata a fare in culo. Dopo un po', visto che nessuno del suo giro la cagava, si guardò intorno e vide che l'unico ragazzo lì vicino era Nichel, così si mise a fissarlo come per dirgli: "A.A.A. cazzo cercasi!". Nichel assunse un'espressione interrogativa, guardava nel vuoto con le sue lenti a contatto azzurre, la sua pelle marrone merda di lampada e i suoi capelli imbevuti di gel, e, girandosi verso di me, diceva: "Cazzo, non mi oso ad andare da lei, cazzo, ho paura, e se mi faccio una figura di merda?" Era l'essenza del ridicolo, mezza pista stava guardando la scena e rideva; dopo un po' sconsolata, decise di andarsene via con i suoi amici cagacazzo e non li vedemmo più. Allora Nichel ritornò da me e mi disse: "Cazzo, ma ho sbagliato?" Alcune volte mi chiedo se anche lui appartiene alla razza umana. Comunque, appena una voce annunciò che entro breve tempo avrebbero messo musica "moderna" (e quindi avremmo addirittura potuto ballare come in un posto normale) arrivò Mandingo e ci annunciò che dovevamo andare via. IL FOLLE E LA MONTAGNA Secondo i patti la nostra meta sarebbe dovuta essere una normale birreria, invece finimmo nel posto più disperato dell'universo; scesi dalla macchina ci ritrovammo in cima ad una montagna isolata dal mondo, con 10° sotto zero, insieme ad un pazzo (ovviamente amico di Mandingo) che continuava a romperci i coglioni che la ragazza lo aveva appena scaricato. Iniziai a compatirla, come cazzo ha fatto a reggere anche solo per un giorno un tipo così! Nichel mi chiese sconsolato: "Ma che cazzo ci faccio io qua?" Gli risposi che non era un incubo ma la dura realtà; poveretto, non ci credeva! "Che cosa ne pensate - diceva il folle - non é stupendo questo posto? Perché non passiamo tutta la sera qua?!" Stavo per ucciderlo quando, provvidenzialmente, un cane da una casa vicina si mise ad abbaiare; il proprietario stava uscendo fuori con una lupara pensando che fossimo dei banditi, e non ci sembrava il caso di stare lì a contraddirlo, così, seppure a malincuore, fummo costretti a scendere a valle e a tornare ad una forma seppure approssimativa di civiltà. Ormai il freddo aveva raggiunto anche il paese, così rientrammo in casa e, presi dallo scazzo, decidemmo di guardare un po' di televisione. Ci accorgemmo con stupore che si prendeva solo Italia 7, che, notoriamente, a quell'ora fa andare solo porno; Mandingo resistette dieci minuti, poi si addormentò come un angioletto. Ormai era chiaro: Mandingo é un frocio. MERCOLEDÌ 16: FUGA DA RUBIANA! La mattina seguente io e Nichel avevamo in mente, come ritorsione per la serata, di sfasciare la casa, ma Mandingo ci fece capire che voleva fare da solo. Sentimmo un rumore provenire dall'ingresso, andammo a vedere e trovammo Mandingo per terra in mezzo a vari frammenti di materiali di natura ignota; spiegazione di Mandingo: "Ho inciampato nei quadri appesi al muro!" Metà soggiorno era appena stato distrutto, ma il padrone di casa non era ancora soddisfatto; all'improvviso vide una vespa e, terrorizzato, si mise a demolire ogni angolo della casa in cui si posava, procurando danni di cento carte al minuto. Nichel ed io ci auguravamo che la vespa si decidesse ad uccidere Mandingo, così nell'aldilà avrebbe incontrato Joco appena incaprettato e ce lo avrebbe salutato; purtroppo, però, non fummo così fortunati: dopo un po' anche la vespa si era rotta il cazzo di quella casa di merda e, soprattutto, della compagnia di Mandingo, così, stressata, lo mandò a fanculo e se ne andò fuori dai coglioni. E fu allora che, completata definitivamente l'opera di demolizione della propria abitazione, Mandingo si calmò, tornò in sé e ci disse: "Adesso mettete tutto a posto!". Seguendo il solito copione già scritto e vissuto, lo mandammo a fanculo e ce ne andammo via da quella casa di merda, lasciandola nello stato pietoso in cui l'aveva ridotta. Ammirate la cucina: Poco dopo avvistammo una corriera, ci salimmo al volo e ci fiondammo verso la cara, vecchia Torino, felici di avere arricchito il nostro bagaglio culturale di un'esperienza utile e costruttiva. Se volete passare un bel Ferragosto vi consiglio Rubiana, un paese stupendo, con un'incredibile vita notturna e degli abitanti simpatici e cordiali. Andate tutti a fare in culo! |